Noci, nocciole, mandorle, arachidi… prelibate e preziose, ma con qualche cautela
Una ragazzina muore dopo aver mangiato una torta alle nocciole, e nell’opinione pubblica si riattiva l’ansia per la gravità di certe reazioni allergiche. Un’ansia parzialmente giustificata, al di là del fatto specifico, che tuttavia merita qualche precisazione.
Per comprendere come mai aumentano i rischi di questo tipo, è opportuno ricordare la differenza fra allergie e intolleranze alimentari.
La fondamentale differenza tra i due fenomeni è legata proprio alla gravità degli episodi acuti. Le intolleranze alimentari sono invece reazioni immunologiche meno violente, che provocano una reazione infiammatoria meno immediata.
Benché diverse per molti aspetti, è ormai accertato che, in presenza di intolleranza, attraverso una reazione cellulare dovuta all’assunzione ripetuta dell’alimento, si possono verificare anche i fenomeni classicamente allergici come l’asma o il raffreddore da fieno o l’orticaria, ma in questi casi i sintomi hanno una insorgenza graduale e assolutamente non “esplosiva” come avviene molto spesso nel caso delle allergie dovute alle Immunoglobuline E (IgE).
Quando esiste un problema di tipo allergico grave (cioè con un alto livello di anticorpi specifici, evidenziabili dall’allergologo con un particolare esame del sangue, il RAST) la risposta allergica è acuta, immediatamente grave, e può in rarissimi casi essere anche mortale.
Quindi le intolleranze alimentari non determinano mai eventi mortali, ma è importante sapere che possono contribuire a reazioni allergiche importanti, e accentuare la reazione allergica.
Tenuto conto di queste differenze, vale la pena di segnalare che, se statisticamente non è molto elevato il numero delle persone allergiche alla frutta secca, è invece estremamente rilevante quello degli individui intolleranti ai grassi vegetali, molti dei quali sono estratti appunto da semi oleosi come noci, nocciole, mandorle (un fatto da tenere presente quando si utilizza una crema emolliente, per esempio su un neonato, e si ottiene una reazione indesiderata!) e, soprattutto, arachidi.
Nel breve periodo in cui una persona intollerante al nichel o ai grassi vegetali idrogenati favorisce il “reset immunitario” dell’organismo (cioè la sua guarigione), può essere necessario controllare l’assunzione di questi preziosi semi oleosi. Ma ricordiamo che il tempo necesario per recuperare la tolleranza è sempre limitato, e che anche nei giorni di controllo più attento è necessario reinserire questi semi in almeno tre giorni della settimana secondo le indicazioni più recenti sulla guarigione delle intolleranze alimentari.
Inoltre il forte contenuto proteico di questi semi li porta ad avere un indice glicemico molto basso, per cui si tratta di alimenti molto adatti anche a diete dimagranti, se utilizzati nel corretto bilanciamento con proteine e carboidrati, e se mangiati nel giusto momento della giornata.
Il vero rischio che corrono gli individui allergici è quello di non essere informati sulla presenza di noci e noccioline e loro derivati nei cibi che utilizzano.
Negli Stati Uniti, ad esempio, si dibatte molto sulla presenza di residui di arachide (i cosiddetti Peanuts) nei vari cibi industriali.
Vista la possibile gravità del problema allergologico, è raro che le noccioline americane entrino nella composizione di cibi ad alta diffusione, ma là come in Europa, per preparare i cibi industriali come i crackers, i dolci, le brioche, i cornetti, e le merendine industriali si utilizzano grassi vegetali (quasi sempre idrogenati), la cui provenienza generalmente è mista e non garantita.
Al punto che non di rado il prodotto finale contiene tracce e residui sufficienti a scatenare reazioni allergiche in persone altamente sensibili.
Il dibattito tocca ovviamente grossi interessi industriali, e non a caso le multinazionali maggiormente coinvolte nella produzione di OGM, molto vicine alle industrie di produzione e raffinazione dei grassi alimentari, sono in prima linea nel difendere a spada tratta l’uso di oli raffinati (con alta tecnologia) che contengono pochi residui allergenici per la produzione dei cibi ad alta distribuzione.
D’altro canto, recenti studi francesi segnalano che per quanto esigua, la presenza di residui di noccioline anche negli oli raffinati rappresenta pur sempre un pericolo: quello di non sapere esattamente cosa stiamo mangiando.
In un mondo in cui allergie e intolleranze sono in costante crescita da un quarto di secolo, sapere cosa si mangia è un diritto inalienabile di tutti.
È ovvio che l’industria chimica e alimentare, interessata a miscelare i residui di produzione per fornire comunque prodotti alimentari finiti, continuerà a sostenere con tutti i mezzi le tecniche che portano a individuare sempre meno il contenuto reale dei cibi e la loro vera origine.
È anche grazie a questa politica industriale che oggi possono diffondersi sempre più liberamente gli organismi geneticamente modificati (OGM); questo va però a discapito non solo degli allergici, ma anche delle persone con intolleranze alimentari in fase di controllo, e soprattutto dei comuni cittadini che vorrebbero sapere consapevolmente di che cosa si nutrono.
Le persone che possono risentire negativamente dell’assunzione di semi oleosi sono numerose. Gli allergici ai diversi semi ovviamente, e soprattutto gli allergici gravi. Ma anche le persone con intolleranze alimentari alla soia, ai vari oli o ai semi oleosi o al solfato di nichel, e ovviamente tutti coloro che cercano di evitare l’assunzione di grassi modificati.
Per millenni i semi oleosi hanno rappresentato una fonte importantissima di nutrimento per gli esseri umani. Anche oggi, forniscono preziosi grassi salutari, minerali e proteine nobili, tutti racchiusi in piccoli, deliziosi bocconi.
Basti pensare al fatto che in caso di carenza di latte materno o di ipersensibilità al latte vaccino si può nutrire adeguatamente un neonato con latte di mandorla o di soia.
L’integrazione con qualche seme oleoso è presente in tutte le diete salutari e i semi oleosi rientrano tra i cibi “buoni” della nostra alimentazione.
Solo lo sviluppo industriale e la presenza massiccia di grassi idrogenati vegetali nella maggioranza dei cibi ‘pronti’ ha contribuito a accentuare la possibile reattività a queste sostanze, che invece scelte alimentari più consapevoli (come una salutare eliminazione di cibi industriali e conservati almeno un giorno alla settimana) possono tenere controllata, contribuendo al mantenimento della salute.
I numeri relativi ai fenomeni di allergia e di intolleranza possono aiutarci tuttavia a dare il giusto peso alle preoccupazioni che ruotano intorno a questo tema.
A fronte di un 25-35% di italiani che soffre di intolleranze alimentari, solo il 2% degli italiani ha delle allergie alimentari, e di questi solo il 2-3% può avere delle reazioni anafilattiche gravi, potenzialmente letali.
I soggetti a rischio si riducono quindi a solo lo 0,04% della popolazione.Nella quasi totalità queste persone sono bene informate della loro condizione e sanno cosa devono fare per evitare problemi.