Reazioni a cibi fermentati e lieviti spesso coinvolte nelle malattie autoimmuni
Artrite reumatoide, malattie infiammatorie intestinali (Crohn e Colite ulcerativa), tiroidite di Hashimoto, artrite psoriasica, diabete giovanile e malattie demielinizzanti (come la sclerosi multipla), ogni giorno che passa sembrano condividere sempre più dei meccanismi infiammatori comuni che coinvolgono anche la reazione alimentare ai lieviti e alle sostanze fermentate.
Negli ultimi anni abbiamo spesso riferito su queste pagine quanto fosse importante la reazione infiammatoria da cibo nel favorire la comparsa di malattie autoimmuni come l’Artrite reumatoide o le malattie infiammatorie intestinali (Crohn e Colite ulcerativa). Al punto che nel centro SMA in cui lavoro seguiamo da anni le persone con malattie autoimmuni attraverso percorsi terapeutici specifici che prevedono l’analisi approfondita dei livelli infiammatori e della dieta seguita (test GEK Lab).
Di recente sono stati pubblicati su riviste scientifiche di rilievo numerosi articoli e ricerche che stanno evidenziando la presenza della reazione ai lieviti come elemento favorente, se non addirittura causale, di molte malattie autoimmuni. Si sta cioè confermando quello che da oltre 30 anni stiamo verificando nella nostra pratica clinica.
La reazione ai lieviti e alle sostanze fermentate sta diventando il più frequente riscontro nei pazienti che visitiamo nei nostri centri, seguito a ruota dalla reazione a glutine/frumento e poi al nichel e ai prodotti correlati.
Senza ombra di dubbio le “banali” reazioni al latte e ai derivati, almeno nella popolazione mitteleuropea, non sono più le preminenti e hanno ceduto il passo alle reazioni emergenti legate a nuove abitudini alimentari e a modalità produttive diverse da un tempo. Serve però ricordare che nelle malattie autoimmuni l’azione patologica è provocata alla fine da citochine infiammatorie come il BAFF, stimolate anche dall’assunzione di alcuni alimenti, come descritto per il Lupus e per le alterazioni della tiroide.
Nell’ottobre 2013 un gruppo di ricercatori italiani ha pubblicato su Clinical Reviews in Allergy and Immunology un articolo sulla relazione tra lievito di birra e malattie autoimmuni (titolo intrigante “Dalla cottura del pane all’autoimmunità”), affrontando il tema della malattia autoimmune attraverso una chiave di lettura innovativa e particolare (Rinaldi M et al, Clin Rev Allergy Immunol. 2013 Oct;45(2):152-61. doi: 10.1007/s12016-012-8344-9). Il gruppo di ricerca ha analizzato i dati del National Center for Biotechnology Information (NCBI) cercando le similitudini e le omologie tra gli autoantigeni (le sostanze a cui si indirizzano gli autoanticorpi) e altre sostanze biologiche. In modo sorprendente si è evidenziata una omologia dell’83% tra i mannani del Lievito di birra (Saccharomyces cerevisiae) e i più comuni autoantigeni.
Significa che quando l’organismo inizia a produrre anticorpi nei confronti dei lieviti (in accordo con le ipotesi di Finkelman e di Ligaarden), cioè in modo del tutto naturale quando i lieviti e le sostanze fermentate sono sistematicamente presenti nella alimentazione abituale, o in virtù di un eccesso alimentare (pizze, pane, formaggi, vino, cracker, brioche, yogurt), produce anche anticorpi che possono reagire con autoantigeni, cioè con parti dell’organismo che vanno a indurre, favorire e forse causare le diverse malattie autoimmuni.
Gli anticorpi contro i lieviti possono essere ritrovati nell’organismo molti anni prima della comparsa di una malattia autoimmune, come è stato verificato nei campioni ematici prelevati e poi conservati in emoteca di militari che anni dopo avevano sviluppato il morbo di Crohn.
Questo significa che una semplice attenzione dietologica, che favorisca la varietà alimentare e il controllo dei segnali di allarme (infiammazione da cibo e da zuccheri) può aiutare a prevenire e a curare efficacemente questo tipo di malattia, come da anni pratichiamo.
Senza voler entrare nella descrizione dettagliata di ciascun lavoro, è utile richiamare:
Un tale livello di produzione scientifica continua a indicare una direzione di approfondimento in cui la relazione ambientale (ad esempio dieta, reazione ad alimenti e inquinamento) gioca un ruolo decisivo per lo sviluppo dell’autoimmunità.
Il pensiero sull’autoimmunità sta cambiando grazie alle acquisizioni più recenti. Oggi non è certo più quello della produzione di un anticorpo contro se stessi, ma della alterazione del coordinamento immunologico interno, mentre i sintomi presenti nelle malattie autoimmuni sono legati alla anomala aggregazione di anticorpi, autoanticorpi e proteine alimentari omologhe che diventano stimolanti dei processi infiammatori cronici (chi pensa alla autodistruzione, si sbaglia…)
Si tratta di un bel salto di qualità: oggi la gente percepisce erroneamente la malattia autoimmune come una incomprensibile azione dell’organismo contro se stesso. La realtà è che si tratta di uno scoordinamento immunologico in cui le scelte alimentari individuali possono avere un peso rilevante, rimettendo in mano a ciascuno le redini del proprio destino.
Gli stimoli infiammatori che possono derivare da una alimentazione con eccesso di lieviti stanno diventando i più importanti e la conoscenza di questi elementi può mettere ciascuno in condizione di capire come mantenere il proprio benessere o riconquistarlo qualora lo avesse smarrito.