Il ragù e la carne della discordia
Le notizie e le polemiche di questi giorni sulla carne rossa non hanno certo contribuito alla chiarezza sui temi nutrizionali; non è stato detto nulla di nuovo dal punto di vista scientifico, mentre è aumentato il rischio di una dilagante disinformazione.
I danni alla salute derivanti dalla assunzione di carni trattate e conservate sono stati già ben descritti fin dall’anno 2007 e Eurosalus ne ha parlato già allora in modo diffuso.
La comunicazione della International Agency of Research on Cancer (IARC) è stata invece diffusa a livello mondiale in modo molto puntuale e preciso e spiega come la carne trattata e conservata sia stata definita carcinogena (gruppo 1) mentre nello stesso documento la carne rossa in genere viene declassificata al gruppo 2A il cui significato analizzeremo a breve.
Sui media invece la notizia è passata come “la carne rossa fa male” e i consumi in Italia ne hanno immediatamente risentito sulla base di questa scorretta percezione, indipendentemente dalla sua realtà.
Questo ha portato ad una confusione di comunicazioni, alla messa in discussione addirittura dell’OMS, all’apertura di blog satirici dal titolo “OMS informa”, a discussioni infinite sul significato e sul valore delle comunicazioni diffuse a livello mondiale in modo così definito.
Volendo leggere la tempistica della comunicazione in un’ottica un poco più allargata, colpisce invece che la recente comunicazione sulla carne rossa in genere sia stata diffusa esattamente tre giorni prima della conferenza internazionale sui benefici dell’olio di palma (European Palm Oil Conference 2015), tenutasi a Milano il 29 ottobre appena passato.
La relazione conclusiva della conferenza internazionale sulla utilità dell’olio di palma e sul benessere che può apportare al mondo si è svolta a Milano a pochi passi dalle strutture di Expo 2015, e meriterebbe sicuramente una riflessione approfondita. Si tratta di risultati che obbligano a riflettere sulla scienza e sul suo ruolo.
Se questa conferenza e i suoi risultati (scaricabili in rete anche in italiano) fossero stati presentati al pubblico in una situazione di tranquillità mediatica avrebbero immediatamente scatenato le reazioni più disparate da parte del pubblico, dei blog, della rete e di tutti quelli che si occupano di alimentazione.
Non voglio entrare ora nel merito degli esiti della stessa conferenza, ma il fatto che i suoi risultati non siano stati praticamente segnalati da nessun organo di stampa, vista la turbolenza sulle carni, ne consentirà l’utilizzazione nei prossimi mesi ed anni come se fosse un dato acquisito, mentre non lo è affatto.
La sensazione che questa sinergia nella tempistica delle comunicazioni possa essere stata studiata, e ragionata a tavolino, mi colpisce profondamente. Come diceva Andreotti, “…a pensare male, spesso si indovina”.
Parliamo invece di carne, anche in considerazione delle tante richieste e delle tante lettere che abbiamo ricevuto dai nostri lettori negli ultimi giorni.
Il gruppo 2A in cui è stata inserita la carne rossa è un gruppo di sostanze alimentari che hanno dimostrato una limitata evidenza di azione sugli esseri umani e un sufficiente riscontro d’azione (non ancora certo) sugli animali.
Significa che l’evidenza epidemiologica umana manca, mentre nutrendo di carni rosse animali che probabilmente non la utilizzano nei loro menù usuali si è visto che può talvolta determinare problemi tumorali.
Si tratta di una concezione molto diversa da quella di una evidenza di danno e che ha caratteristiche opposte a quella del Gruppo 1 in cui si ha invece l’evidenza epidemiologica sull’uomo.
Parlando di carni rosse non trattate, colpisce anche il fatto che mentre nei paesi occidentalizzati questo rapporto tra assunzione di carni rosse e cancro è stato ipotizzato e pensato fin dagli anni 2000, anche se con evidenze limitate, in altri paesi del mondo, come ad esempio l’Argentina, in cui la carne viene mangiata con moltissime verdure e quindi sempre associata a una notevole quantità di sostanze antiossidanti, questo rapporto è in realtà estremamente ridotto o non si riscontra per nulla.
Questo dato ben si sposa con quanto detto anche in questi giorni dal ministro della salute Lorenzini e dal ministro per le politiche agricole Martina: l’utilizzo delle carni rosse all’interno di una dieta equilibrata e con l’apporto, come nella dieta mediterranea, di ottime quantità di vegetali, non rappresenta un rischio.
Vediamo quindi di riassumere, nel totale rispetto di coloro che per scelta personale o etica non ne mangiano o la vogliono ridurre, e nel rispetto di chi usa serenamente le carni bianche, gli elementi da conoscere per chi invece preferisce usare anche la carne rossa come alimento:
- La carne rossa può essere usata con equilibrio utilizzando modalità di cottura corrette.
- Le carni processate, conservate e trattate possono rappresentare un rischio e il loro uso va tanto più controllato quanto più la carne è trattata.
- Il tipo di processazione e di lavorazione utilizzato in Italia ha consentito negli anni una riduzione enorme di sostanze come nitrati e nitriti (dal 1993 al 2011 tutti i salumi italiani di qualità hanno visto la scomparsa o la nettissima riduzione di questi antibatterici) e questi elementi caratterizzano diversità immense rispetto ad esempio a quanto avviene negli Stati Uniti d’America.
- Alcune preparazioni tipicamente italiane, come il prosciutto crudo o la bresaola IGP, presentano caratteristiche di produzione che bilanciano correttamente le varie necessità legate al consumo umano, come il corretto bilanciamento tra quantità di sale totale e quantità di sostanze antibatteriche (nitrati) che impediscano lo sviluppo di botulino o di Listeria e possono essere serenamente dichiarate dei prodotti utilizzabili nella dieta con le stesse accortezze della carne rossa in genere.
- L’uso della carne, comunque sia fatto, richiede l’apporto evidente e importante di verdura e di sostanze antiossidanti utili per la salute dell’intero organismo
Vorremmo infatti citare uno dei paragrafi presentati nello stesso documento IARC e anticipato pochi giorni fa che ha determinato questa grande turbolenza sui mercati e nella consapevolezza delle persone: la carne, anche quella rossa, viene riconosciuta come elemento di notevole importanza nutrizionale il cui uso va bilanciato nella nutrizione umana in modo consapevole ed equilibrato.
Non si tratta quindi di un divieto specifico e assoluto, ma di un invito ad una riflessione e a una consapevolezza alimentare che contribuiscano al mantenimento della salute.
Le fonti alternative alle proteine animali sono numerose, e noci, mandorle, nocciole e leguminose (anche se il loro contributo proteico è scarso) sono degli ottimi alimenti per raggiungere il proprio livello proteico.
La necessità proteica di ogni essere umano va mantenuta al livello di 1 grammo per kg di peso corporeo per continuare un processo di tipo anabolico nell’organismo, far crescere il muscolo e tenere attivo il metabolismo, e rende necessaria la corretta integrazione anche di proteine animali come uova, carni bianche, pesce, crostacei.
Non si dimentichi che anche i cereali e le leguminose hanno quote di proteine al loro interno e che l’uso dell’integrale aiuta a incrementare questi valori in modo sano, senza dimenticare che l’uso esclusivo di questi prodotti comporta quel rischio di evoluzione diabetica di cui spesso abbiamo parlato.
Le indicazioni che fanno parte dei nostri suggerimenti nutrizionali, basati sul bilanciamento corretto di carboidrati, proteine, frutta e verdura, vanno sempre mantenute per consentire a ciascuno di conquistare e mantenere il proprio benessere nel tempo, senza lasciarsi condizionare dalle comunicazioni che appaiono spesso più legate a interessi commerciali che alla epidemiologia scientifica.