Peso, mortalità e cibi piccanti: il buono e il cattivo di un piatto al peperoncino
Con la partecipazione al recentissimo convegno di Berlino, in cui tutte le Federazioni Europee di Nutrizione si sono riunite a congresso, abbiamo raccolto molte delle novità più importanti in ambito nutrizionale e clinico.
Sono infatti state molto numerose le comunicazioni che hanno messo in relazione infiammazione, obesità e nutrizione, in pratica gli stessi campi su cui noi di Eurosalus lavoriamo da anni.
Una intera sessione del congresso è stata dedicata ai cibi piccanti. Il fatto che l’utilizzo di alcune spezie possa portare a contrastare o a prevenire le malattie più diffuse attualmente nel mondo come obesità, diabete, malattie infiammatorie croniche, segna un forte punto di riflessione.
In particolare, nei confronti dell’obesità, nel momento in cui è sempre più difficile avere a disposizione farmaci sicuri che controllino appetito o metabolismo, diventa indispensabile la ricerca di prodotti naturali che siano in grado di agire nella stessa direzione.
La conferenza sui cibi piccanti (i cosiddetti “spicy foods“) deriva anche da alcune recenti ricerche scientifiche pubblicate su riviste internazionali.
Il primo lavoro cui facciamo riferimento (Janssens PL et al, PLoS One. 2013 Jul 2;8(7):e67786. doi: 10.1371/journal.pone.0067786. Print 2013) è stato pubblicato su PLoS One nel 2013 e descrive l’azione importante della Capsaicina nel possibile controllo del metabolismo.
Il secondo lavoro, sempre relativo agli effetti sul dimagrimento del peperoncino, è stato pubblicato su Appetite nel 2014 e descrive in modo ancora più incisiva l’effetto di una integrazione di peperoncino rosso nei piatti quotidiani per meglio controllare il desiderio di cibo e stimolare il metabolismo Janssens PL et al, Appetite. 2014 Jun;77:44-9. doi: 10.1016/j.appet.2014.02.018. Epub 2014 Mar 12).
Gli autori, olandesi, hanno valutato in condizione di assoluto controllo dei parametri vitali, per 36 ore consecutive, persone cui fosse stato ridotto l’apporto calorico del 25% rispetto ai bisogni, misurando in condizioni sperimentali molto precise quali fossero la loro attivazione metabolica e le loro condizioni psichiche, correlate a desiderio di cibo, fame e senso di sazietà.
Si è visto che aggiungendo 2,56 mg di Capsaicina (cioè poco più di 1 g di peperoncino rosso o chili) durante ogni pasto si ottiene una riduzione dell’appetito anche quando si mangia meno del necessario (cioè in condizioni di carenza nutrizionale) e si percepisce un maggiore senso di sazietà anche nel consumo di un pasto normo calorico oppure durante un pasto “libero” effettuato dopo un periodo di “digiuno breve”.
Indubbiamente quindi si potrebbe pensare al peperoncino, alla capsaicina o ai cibi piccanti in genere, come ad una panacea universale, e infatti un lavoro di coorte prospettico svolto in Cina su 20.000 persone seguite per quasi 10 anni, e pubblicato nell’Agosto 2015 sul prestigioso British Medical Journal, ha definito che l’utilizzazione di cibi piccanti nell’alimentazione quotidiana migliora in modo altamente significativo il rischio di mortalità per tutte le cause rispetto alle persone che non mangiano cibi piccanti (Lv J et al, BMJ. 2015 Aug 4;351:h3942. doi: 10.1136/bmj.h3942).
Chi consuma cibo piccante per 6-7 volte alla settimana ha un rischio di morte per tutte le cause che è del 14% in meno rispetto a chi consuma cibi piccanti solo 1 volta alla settimana o meno.
Il livello di protezione era anche più elevato in chi non facesse uso di alcolici, mentre una specifica azione di protezione è stata osservata per la mortalità da cancro, da infarto cardiaco e da malattie respiratorie.
Di fronte ad affermazioni di questo genere deve nascere obiettivamente una riflessione non tanto sulla efficacia terapeutica del cibo piccante in sé quanto sulla azione antiossidante di alcuni polifenoli contenuti neille spezie (come nellla curcuma ad esempio), che riescono ad indurre una funzione antiossidante generale sull’organismo, profondamente connessa al controllo metabolico.
In una struttura socio economica come quella cinese, in cui più del 52% delle persone sono ormai diabetiche o pre diabetiche, l’utilizzazione di antiossidanti naturali o di modulatori dell’infiammazione come appunto capsaicina, curcuma, olio di Perilla, alcuni altri Omega 3 e così via, comporta una riduzione netta dello stato infiammatorio e un miglioramento complessivo della mortalità.
In parte questo avviene anche nei paesi industrializzati, dove un miglioramento della nutrizione è in grado di riportare in equilibro molte malattie “moderne”.
Nella stessa Cina e in Asia infatti, una analisi di eccesso di cibo piccante è stato parzialmente correlato con l’incremento di particolari tipi di patologia come il cancro colorettale, motivo per cui al di là del benessere inducibile dalle sostanze piccanti, in persone con patologie intestinali o emorroidarie, il nostro suggerimento è quello di usare con cautela questo tipo di sostanze.
In una recente analisi abbiamo riportato come anche la farina integrale nell’alimentazione dei paesi occidentali determini una netta riduzione del rischio di mortalità per tutte le cause.
Il tema è lo stesso: quando mancano varietà alimentare e qualità dell’alimentazione le popolazioni patiscono di una condizione di carenza e apportando i nutrienti necessari la possibilità di migliorare e condizioni fisiche sul piano individuale e sociale sono sicuramente più ampie.
In particolare poi le recenti acquisizioni sul ruolo della infiammazione nella patologia cronica, sia di tipo tumorale sia di tipo autoimmune, consente di capire che l’apporto di alcune sostanze antiossidanti, come sono spesso le sostanze piccanti, aiutano la netta riduzione dell’infiammazione e una modulazione dello stato ossidativo dell’organismo.
Il richiamo al gusto del cibo, alla sua masticazione, al goderne gli effetti benefici percependone il gusto in modo pieno (e i cibi piccanti, usati con saggezza, portano anche a questo effetto), ci consente di ribadire che un ampio utilizzo di frutta e verdura, di alimenti integrali e di polifenoli naturali presenti appunto nelle sostanze biologicamente attive che la natura ci offre, ci può consentire di vivere meglio e di prevenire numerose malattie croniche attuali.
Per questo quindi possiamo dire che una vita al peperoncino fa bene, perché sia la varietà alimentare, sia il gusto dei cibi, sia la possibilità di creare sapore riducendo l’uso del sale e affidandosi a quelle erbe e sostanze aromatiche che la natura ci mette a disposizione, sono tutte opportunità che ci consentono di mangiare meglio, di nutrirci il giusto, e soprattutto di vivere meglio e più a lungo.