Diabete e prima colazione ricca: la glicemia scende del 20%
La prima colazione si dimostra sempre di più come un pasto fondamentale per l’attivazione del metabolismo.
Gli studi più recenti hanno consentito di dimostrare che il modo in cui si distribuiscono i pasti della giornata e la loro composizione sono in grado di attivare il metabolismo. L’epoca del solo conteggio delle calorie sta ormai giungendo al termine.
In una ricerca pubblicata nel giugno 2018 su Cell Metabolism, è stato dimostrato che lo short fasting, tecnica di cui Eurosalus ha spesso parlato, che limita i pasti della giornata alla prima colazione (abbondante) e ad un pranzo da consumare entro le 15.00-16.00 per garantire 16-18 ore di digiuno fino alla prima colazione del giorno dopo, è in grado di migliorare la sensibilità insulinica, ridurre la pressione arteriosa e controllare lo stress ossidativo, anche nel caso in cui il peso venga mantenuto (Sulton EF et al Cell Metab. 2018 Jun 5;27(6):1212-1221.e3. doi: 10.1016/j.cmet.2018.04.010. Epub 2018 May 10).
Un aumento del tempo di assunzione alimentare (ad esempio a 12 ore, con 12 di “fasting” o di digiuno a cavallo della notte NON è in grado di ottenere questo effetto. Le persone che spesso riferiscono di mangiare solo a pranzo e cena e poi di fare 15-16 ore dalle 21.00 della sera fino alle 13.00 del giorno successivo, possono ottenere qualche vantaggio in alcuni casi, ma perdono comunque lo stimolo metabolico della prima colazione.
Un altro lavoro effettuato da ricercatori della Università Federico II di Napoli ha verificato che la parte di attivazione metabolica dipende anche dalla scelta dell’integralità dei carboidrati mangiati nella giornata. Un tema che proponiamo da sempre nei percorsi terapeutici del nostro centro per affrontare sia il diabete sia il sovrappeso sia l’obesità.
È ormai acquisito che la prima colazione aiuta gli studenti a studiare e chiunque usi la testa per lavorare a mantenere efficienza sul lavoro.
Sappiamo che, attraverso i segnali lanciati all’organismo, facilita il dimagrimento e il recupero della forma fisica.
Per quanto riguarda la gestione degli zuccheri, abbiamo una ulteriore conferma dell’importanza del “breakfast”, che arriva da uno studio effettuato su diabetici di tipo 2 (cioè il diabete alimentare, quello più diffuso oggi e purtroppo in vertiginosa crescita nei paesi industrializzati).
Da una ricerca effettuata nella Diabetes Unit dell’Università di Tel Aviv, e pubblicata su Diabetologia nel Maggio 2015, una prima colazione ricca è in grado di ridurre la glicemia della giornata del 20% rispetto a chi invece mangi abbondantemente alla sera (Jabucowicz D et al, Diabetologia. 2015 May;58(5):912-9. doi: 10.1007/s00125-015-3524-9. Epub 2015 Mar 1).
A parità di calorie introdotte nella giornata, chi usa più calorie durante la prima colazione, facendola diventare il pasto principale della giornata, e riducendo la quantità di calorie assunte per cena, avrà una riduzione del 20% della glicemia durante tutta la giornata, e in modo specifico una riduzione del 20-23% della glicemia successiva al pranzo, che nell’esperimento era previsto con le stesse calorie per entrambi i gruppi studiati.
Significa che la prima colazione rappresenta un segnale durevole. Dare all’organismo un doppio segnale di questo tipo (prima colazione ricca e cena ridotta o povera) consente di determinare nell’organismo una risposta che va al di là della singola analisi studiata.
Questo lavoro è importante per due motivi:
- Conferma che la prima colazione ricca e la cena povera sono uno strumento fondamentale non solo per il trattamento dell’obesità, ma anche per la regolazione della iperglicemia e del diabete.
- Indica che ogni organismo è sottoposto a segnali importanti che possono essere determinati da scelte semplici, come quella di divertirsi a prima colazione aumentando le calorie e assaggiando più cose per cena, ma riducendo le calorie e mangiando meno.
Il lavoro si cui parliamo prevedeva che le stesse persone provassero in modo incrociato (studio cross-over) una dieta di circa 1500-1600 kcal che prevedesse due differenti modalità:
1) Prima colazione ricca e cena povera (totale 1520 kcal o Cal)
- Prima colazione 710 Cal
- Pranzo 610 Cal
- Cena 200 Cal
2) Prima colazione scarsa e cena ricca (totale 1520 kcal o Cal)
- Prima colazione 200 Cal
- Pranzo 610 Cal
- Cena 710 Cal
È straordinario pensare che il calo di glicemia è leggibile nel gruppo che fa la prima colazione ricca, nelle ore che seguono il pranzo e che questo pranzo è isocalorico per entrambi i gruppi. Tutti e due i gruppi introducono cioè, per pranzo, lo stesso quantitativo di calorie. Chi ha fatto la prima colazione le gestisce meglio e evidenzia un livello di glicemia postprandiale decisamente minore.
Abbiamo spiegato in altri articoli perché nella persona in sovrappeso si possa utilizzare questo tipo di stimolo segnaletico attraverso una forma di “digiuno breve”, con un segnale globale dimagrante dato proprio da una prima colazione ricca e da un “salto della cena” che consenta di fare 15-18 ore di digiuno tra il pranzo e la prima colazione successiva, passando attraverso la notte.
È uno schema che i diabetici non devono fare se non sotto diretto controllo medico (infatti per loro le 200 Cal introdotte sono poco più di uno spuntino), ma che possono essere uno strumento potente di stimolo metabolico per chiunque debba perdere massa grassa in eccesso. In questo, la conoscenza dei livelli di individuali di infiammazione da alimenti e della infiammazione da zuccheri, due delle più importanti forme di infiammazione alimentare, consentono di orientare scelte alimentari individualizzate che migliorano la sensibilità insulinica e facilitano il dimagrimento.
Da anni nel nostro centro seguiamo i nostri pazienti attraverso percorsi terapeutici specifici orientati da questo schema alimentare; in tutti i casi la conoscenza di prime colazioni variate e piacevoli da preparare, come quelle proposte con le ricette adatte ad ogni reazione alimentare in “Colazione e brunch per il benessere“.
Ora abbiamo ulteriori conferme scientifiche del razionale che guida il nostro operato e che può indicare ulteriori tracce per la ricerca e l’applicazione clinica futura.