Guarire la celiachia riducendo l’infiammazione e inserendo piccole quantità di glutine
Gli studi sulla tolleranza alimentare hanno portato alla guarigione anche delle forme di allergia più gravi, quelle che si possono manifestare con shock anafilattici dovuti a reazioni provocate dalle Immunoglobuline E (IgE).
Oggi si affronta l’allergia al latte, la reazione allergica all’uovo e la temibilissima allergia ai peanuts (le noccioline americane o arachidi) attraverso una tecnica di reintroduzione alimentare che ripercorre lo svezzamento infantile.
Piccole quantità del cibo allergizzante vengono riproposte gradualmente all’organismo, attraverso la via più semplice che ci sia, cioè la via alimentare. Nel giro di poco tempo l’organismo sviluppa tolleranza e nella maggior parte dei casi riconquista la capacità di introdurre (o reintrodurre) senza danni il cibo allergizzante, riprendendo una dieta varia, sana e piacevole.
Nel 2013 Anderson aveva pubblicato già alcune considerazioni sulla possibilità di attivare una sorta di “vaccinazione” con micro dosi crescenti per il trattamento delle malattie autoimmuni e ipotizzando anche per la celiachia uno schema simile.
Nel 2011 un gruppo di ricercatori australiani aveva identificato un importante meccanismo di facilitazione della tolleranza, attraverso la riduzione dell’infiammazione, in particolare agendo su IFNgamma (Interferone gamma) e su IL17 (interleuchina 17), oltre che stimolando le cellule TH2 e la produzione di IL10 (sostanza che induce tolleranza e riduce le allergie). Scoprendo che in molti casi l’infestazione di un tipo di tenia (Necator Americanus) determinava proprio questi effetti.
Così lo stesso gruppo di medici ha pubblicato da pochissimo sul Journal of Allergy and Clinical Immunology una ricerca in cui sono riferiti i risultati di un lavoro impostato secondo questi criteri:
- Si provoca in un soggetto celiaco una infestione sperimentale da tenia, in grado di ridurre l’infiammazione agendo su specifiche citochine (tra cui appunto IFNgamma).
- Si somministrano per un anno micro dosi crescenti e giornaliere di glutine, partendo da 10 mg di glutine al giorno fino ad arrivare a 3 grammi al giorno (in pratica l’equivalente di qualche spaghetto).
Si è potuto verificare che contrariamente all’atteso i pazienti trattati non hanno presentato alcun tipo di peggioramento, nessuna alterazione dei parametri clinici valutati solitamente e l’inizio di un possibile cammino verso la guarigione (Croese J et al, J Allergy Clin Immunol. 2015 Feb;135(2):508-516.e5. doi: 10.1016/j.jaci.2014.07.022. Epub 2014 Sep 20).
In realtà, nel lavoro non si parla ancora di guarigione clinica documentata, ma solo di assenza di qualsiasi reazione e alterazione dopo un anno di reintroduzione di glutine nella alimentazione quotidiana. Che lascia quindi intendere che questa sia la strada giusta… Considerando tutte le polemiche che sembrano coinvolgere qualunque affermazione che riguarda il glutine, capiamo perfettamente la cautela espressa dagli autori del lavoro.
La novità potente che emerge da questo lavoro è che la reintroduzione dl glutine (come per l’uovo, i peanuts e il latte) deve essere accompagnata da una riduzione infiammatoria.
I ricercatori australiani hanno fatto venire ai celiaci inseriti nel lavoro una parassitosi intestinale controllata (perfettamente trattabile e tendenzialmente innocua) che ha ridotto certi tipi di citochine infiammatorie in modo da rendere efficace la reintroduzione progressiva del glutine per indurre nuovamente la tolleranza immunologica.
Il percorso indicato dal lavoro australiano è quello della riduzione infiammatoria. Ottenibile con preparazioni o integratori capaci di modulare ad esempio IFN gamma (e probabilmente BAFF e TNF alfa) e altre citochine.
Curcuma, Perilla e Resveratrolo (per fare solo qualche esempio) sono tra le sostanze in grado di agire in questo senso.
Il punto focale è che l’immagine di una patologia definitiva, non modificabile, cambia, trasformandosi in un disturbo autoimmune legato alla regolazione della tolleranza.
Si tratta di una acquisizione di evidenze sperimentali che inducono a proseguire su una strada radicalmente diversa dal passato per proporre la guarigione (o almeno di tentare questa possibilità) anziché considerare la celiachia un disturbo immutabile.
Si tratta per altro dello stesso tipo di percorso che in SMA da anni effettuiamo in casi selezionati di sensibilità al glutine, attraverso specifici percorsi terapeutici.
L’aspetto di riduzione dell’infiammazione avviene attraverso le scelte dietetiche fatte per ridurre l’infiammazione da cibo (con Recaller o Biomarkers) e attraverso l’uso di integratori idonei a ridurre alcune citochine (Curcuma, Perilla, Ribilla) o a stimolare l’IL10 (Resveratrolo).
Si apre una strada nuova, che noi percorriamo già da tempo, e che ripropone sicuramente a molti celiaci la possibilità di pensare al recupero della propria condizione di salute, alla luce di dati che relegano la mancata risposta al trattamento a 2 casi su 12, cioè a meno del 10% dei casi.
Leggendolo a rovescio, questo dato indica che in questo lavoro oltre il 90% dei soggetti trattati ha recuperato tolleranza immunologica al glutine.
Al centro di questo processo va posta la consapevolezza degli effetti della infiammazione da cibo. Il controllo dell’infiammazione è quindi il punto discriminante della terapia della celiachia.
La somministrazione glutinica, senza il controllo infiammatorio mirato, non è infatti in gradi di riequilibrare le condizioni precedenti e questo nuovo approccio apre altre possibilità e altre strade verso la guarigione e la riconquista del personale benessere.