La presenza di zucchero, non l’eccesso di calorie alla radice del diabete
Tutti sanno che esiste un rapporto diretto tra assunzione di zucchero e comparsa di diabete di tipo 2 (quello alimentare), ma fino ad oggi non erano stati completati studi sulla possibile azione della sola presenza di zucchero nella dieta per determinare differenze importanti tra le diversi regioni del mondo.
Un gruppo di ricercatori della Stanford University ha finalmente pubblicato su PlosOne uno studio di tipo economico e sociale che ha messo in relazione la disponibilità individuale di zucchero nella nazione interessata con quella dello sviluppo di diabete (Basu S et al, PLoS One. 2013;8(2):e57873. doi: 10.1371/journal.pone.0057873. Epub 2013 Feb 27).
I risultati di questa analisi di dati epidemiologici e socio economici ha lasciato emergere una realtà impressionante. La semplice differenza nella disponibilità di zucchero (o zuccheri) nella vita quotidiana spiega e giustifica il livello di diabete (in costante crescita) tra la popolazione di tutte le classi sociali in tutte le 175 nazioni considerate.
Per dare un’idea del significato di questa affermazione vuol dire che a livello mondiale, la vera crescita del diabete non dipende tanto dalla crescita dell’obesità o dalla assenza di attività fisica (pure importanti cofattori di questa situazione), ma dalla presenza nella dieta di zucchero e zuccheri semplici. 35 grammi di zucchero per persona al giorno (2 biscotti ed una bibita) sono sufficienti ad aumentare dell’1,1% la prevalenza del diabete tra gli abitanti di una nazione.
Non tutti quelli che mangiano due biscotti, un po’ di marmellata e due bibite sviluppano il diabete, certamente. Infatti quella quantità aumenta l’incidenza della malattia, non la determina. Fa sì che soggetti sensibili aprano la strada allo sviluppo del diabete negli anni futuri.
Il vero problema sta nell’uso quotidiano e ripetuto dello zucchero, non nel suo uso occasionale. Il “disastro” sta nell’aumento dello zucchero nascosto nei cibi, che porta ad assumerlo credendo di non farlo e probabilmente questo effetto è legato ad un segnale dello zucchero sull’organismo e non alla sua valenza calorica.
Significa che con tutta probabilità tra qualche anno saremo in grado di leggere lo stesso effetto correlato anche alla dolcificazione senza calorie e all’uso dei dolcificanti ipocalorici.
Già numerosi studi hanno dimostrato ad esempio che lo stesso stimolo ingrassante della bibita dolcificata è presente anche nel “soft drink” dolcificato artificialmente.
Non sono quindi le calorie a determinare la comparsa del diabete, ma soprattutto il segnale antico dello zucchero (e dei suoi succedanei), che possiamo imparare a usare nei momenti di gioia alimentare, nelle occasioni di festa o di condivisione amicale, imparando a farne a meno nella nostra quotidianità.