Sempre più casi di Gluten Sensitivity
L’infiammazione da cibo dovuta al glutine viene confermata da sempre più frequenti e documentate ricerche scientifiche. Mentre alcune aziende (comprensibilmente) stanno cercando di ridimensionare il fenomeno, per evitare ripercussioni sulle proprie vendite, i lavoro scientifici stimano la presenza di questo tipo di disturbo nella popolazione media in percentuali sempre crescenti.
Nei primi lavori del 2010 si parlava di un ipotetico 6-10% delle persone sane, poi i successivi lavori hanno ipotizzato una percentuale vicina al 20% e infine le indicazioni riportate dal British Medical Journal (BMJ) in un importante articolo dello scorso novembre indicano una prevalenza corrispondente ad 1/3 della popolazione apparentemente sana (Aziz I et al, BMJ. 2012 Nov 30;345:e7907. doi: 10.1136/bmj.e7907).
Il lavoro dei ricercatori del dipartimento di Gastroenterologia e di Neurologia dell’Hallamshire Hospital di Sheffield (UK) è stato pubblicato nella sezione “Practice” del BMJ, dove cioè vengono proposti gli strumenti pratico clinici che rappresentano la prima strada verso una linea guida di comportamento medico universale (il BMJ è una delle più autorevoli riviste di medicina al mondo).
In pratica nell’articolo viene detto che le persone che hanno disturbi intestinali ed extraintestinali legati all’assunzione di glutine e che non sono né celiaci (biopsia) né allergici al frumento (IgE), devono essere messi a dieta sui derivati glutinici, con una diagnosi di “Gluten sensitivity non celiaca” e devono essere avvisati che si tratta di una entità clinica di recente scoperta di cui va ancora perfezionata la completa comprensione.
Uno dei lavori cui il BMJ fa riferimento è un lavoro italiano pubblicato il mese scorso sull’American Journal of Gastroenterology, in cui si evidenziano in costante crescita i valori di anticorpi antigliadina sia di tipo IgA sia di tipo IgG nelle popolazioni che si lamentano di “colon irritabile” e soprattutto identificano una risposta alla introduzione del glutine (test in doppio cieco randomizzato, crossover) in circa un terzo deicasi valutati (29,5%).
Considerato che alcuni stimano al 50% della popolazione la presenza del Colon Irritabile, siamo di fronte ad un numero imponente di casi che obbligano riflessioni nonsolo commerciali ma anche mediche e metodologiche (perché fino ad ora chi si è occupato di questi problemi è stato solo tacciato di “insipienza”?) (Carroccio A et al, Am J Gastroenterol. 2012 Dec;107(12):1898-906. doi: 10.1038/ajg.2012.236. Epub 2012 Jul 24).
Di fronte ad una crescita imponente di persone che stanno meglio con una dieta in cui il glutine sia controllato, compaiono evidenze in cui si cerca di segnalare che la reattività vera non è al glutine ma ai fruttani che sono presenti nel frumento. Dal punto di vista pratico però non cambia nulla: alla fine sempre il frumento e i cereali con glutine vanno controllati nella dieta (Sanders DS et al, Am J Gastroenterol. 2012 Dec;107(12):1908-12. doi: 10.1038/ajg.2012.344).
La comunicazione aziendale più usata oggi segue questo schema: “Ma sì, il disturbo non è ancora stato ben definito, non teniamone conto…”, comunicazione destinata ad infrangersi contro scelte di mercato indipendenti dalle comunicazioni aziendali ma legate alla ricerca del benessere che la gente ormai sente come un diritto, indipendente dalla pubblicità o dalle scelte di marketing aziendale.
Fortunatamente da una condizione come questa si guarisce in modo semplice. Imparando a variare gli alimenti, continuando a mangiare glutine con il principio dello svezzamento infantile e rieducando alla tolleranza, come fa ogni neonato, l’organismo intero.