“Intolleranze” in farmacia: i test seri e scientifici ci sono
Bello davvero il servizio di “Striscia”. I giornalisti hanno battuto le farmacie alla ricerca di cosiddetti “test per le intolleranze alimentari” e hanno potuto documentare che in molti casi vengono utilizzati e proposti al pubblico test non convenzionali che evidenziano una scarsissima riproducibilità.
Si tratta di un tema molto caldo che Eurosalus ha spesso discusso. Il termine stesso di “intolleranza alimentare” ha perso qualsiasi riferimento alla scientificità proprio grazie all’uso e abuso sconsiderato di test non riproducibili che rientrano nel novero dei test non convenzionali.
L’evoluzione scientifica oggi parla di infiammazione da cibo, di citochine misurabili e dosabili e di un profilo alimentare personale che legge la presenza di anticorpi per il cibo che raccontano la storia immunologica di una persona. Il resto è ormai alle spalle…
Il servizio di “Striscia la Notizia” ha anche evidenziato le indicazioni pseudodiagnostiche emerse da certi tipi di test alimentari e delle talvolta assurde indicazioni nutrizionali che ne vengono estrapolate. Ne è emersa una giusta critica dovuta alla scarsa attendibilità di quei test, che sulla stessa persona hanno dato risultati drammaticamente diversi in tre differenti valutazioni.
Nel caso particolare Eurosalus ha espresso da sempre pareri molto critici sui test bioelettronici (tipo Vega, Voll, Bikom, Mora ed altri) quindi non possiamo che condividere quanto trasmesso.
Eppure oltre il 60% della popolazione riferisce degli stati di malessere dovuti a quello che mangia, ma difficilmente riesce a trovare riscontri e soluzioni quando chiede al proprio medico di cercare una soluzione.
L’infiammazione da cibo sta crescendo nella popolazione mondiale, coinvolgendo disturbi comuni e frequentissimi, che vanno dalla colite al meteorismo ma anche ad allergie, malattie infiammatorie intestinali e artrite reumatoide oltre che le altre patologie autoimmuni.
Nel mio lavoro di allergo immunologo, sia a Milano sia a Londra, e come docente in due Master di nutrizione universitari, utilizzo per affrontare questi disturbi, tecniche diagnostiche certe che mi aiutino nella diagnosi, nella misurazione dell’infiammazione e nella definizione del profilo alimentare individuale, utilizzando Recaller. La certezza della presenza di citochine infiammatorie come il BAFF o il PAF ha ormai cambiato la storia di questa particolare condizione legata al cibo.
Questi stessi test oggi possono essere anche effettuati in farmacia, luogo di scambio di informazioni e di supporto sanitario che torna ad essere al centro della domanda di salute. Recaller può essere fatto in farmacia ed il prelievo viene poi inviato ad un laboratorio autorizzato; successivamente i risultati vengono interpretati e refertati da uno specialista responsabile.
In questo modo anche un “test di intolleranza” (come la gente lo chiama) diventa corretto e scientifico. In questo modo si risponde ad un bisogno della popolazione e non si rischia di “buttare via il bambino con l’acqua del bagnetto…”
È poi importante che la ricerca di IgG (gli anticorpi verso il cibo) sia effettuata attraverso l’analisi dei grandi gruppi alimentari, per utilizzare risultati sempre sovrapponibili e schemi di reintroduzione alimentare che aiutano chiunque a ristabilire l’amicizia e la tolleranza con il cibo, come fa naturalmente un neonato con lo svezzamento. Il cibo deve essere amico, e i test devono essere seri.
Noi ad esempio in SMA, a Milano, seguiamo da anni le persone con problemi di reattività agli alimenti, accompagnandole verso la guarigione con specifici percorsi terapeutici.
Recaller si sta segnalando non solo a livello italiano ma europeo. I farmacisti che lo usano possono testimoniare della sua riproducibilità e dei vantaggi della sua applicazione pratica.
L’infiammazione da cibo è uno dei problemi crescenti della salute pubblica e per i prossimi anni avremo da confrontarci sempre di più con i loro effetti. La disponibilità di strumenti efficaci e scientifici per affrontarle sarà la chiave di volta della loro risoluzione.
Chiudersi gli occhi o fare finta che non esistano rappresenta solo un possibile danno.