Colon irritabile. La dieta di rotazione funziona ed è efficace
La sindrome del colon irritabile, spesso indicata con IBS (iniziali inglesi di Irritable Bowel Syndrome), è una condizione che riguarda l’intestino e che spesso viene accomunata alla colite.
Sia l’una che l’altra sono caratterizzate da alterata attività intestinale (diarrea e/o stipsi) e dalla comparsa di sintomi quali dolori, modifica della frequenza di evacuazione, gonfiore, presenza di gas, e altri sintomi che influenzano in modo importante la vita quotidiana e che riguarda tra il 10 e il 15% della popolazione generale.
Per molto tempo questa patologia è stata trattata soprattutto con antibiotici intestinali, fermenti lattici e farmaci rilassanti intestinali e anche con veri e propri psicofarmaci ad azione sistemica, ma gli ultimi anni hanno consentito di capire che alla base di questo disturbo c’è una componente infiammatoria correlata agli alimenti o all’eccesso di zuccheri (glicazione).
Nel mese di dicembre 2020 sono stati pubblicati su Nutrition and Metabolism (London) i risultati di una ricerca, realizzata dalla Inflammation Society (UK) in collaborazione con il gruppo SMA di Milano, che mette fine all’era in cui si proponeva di togliere il glutine, il latte o qualsiasi altro alimento in modo spesso incongruo. Scelte inutili e rischiose, che nei percorsi terapeutici del nostro centro abbiamo sempre contrastato e che sono superate oggi dalla guida al recupero di un fisiologico rapporto con il cibo (Cappelletti M et al, Nutr Metab (Lond) (2020) 17:101 https://doi.org/10.1186/s12986-020-00528-x).
Si tratta di un lavoro clinico svolto direttamente da Medici di Medicina Generale di una grande città (Genova), che hanno selezionato accuratamente i pazienti con Sindrome del Colon Irritabile (secondo i rigorosi criteri Roma IV) e, a fianco di una visita accurata e di una valutazione di altre analisi laboratoristiche, hanno loro effettuato un test Recaller 2.0 per studiare i livelli di infiammazione presenti nell’organismo e il profilo alimentare di ogni paziente.
Grazie anche ad un intervento telefonico di supporto, i pazienti, ognuno con un profilo alimentare diverso, hanno iniziato a seguire la loro personale dieta di rotazione, cioè un programma alimentare che consente comunque di assumere gli alimenti da controllare in almeno 7 pasti su 21 nella settimana, che in genere sono “posizionati” al mercoledì, al sabato sera e alla domenica, mantenendo uno stretto controllo sulla assunzione di questi alimenti in tutti gli altri pasti della settimana. Si tratta quindi di una impostazione nutrizionale del tutto personalizzata che non esclude mai alcun alimento, ma guida il paziente a recuperare un fisiologico rapporto con gli alimenti.
I risultati sono di estremo interesse perché i pazienti che hanno seguito correttamente la dieta per 6 settimane hanno visto il loro “punteggio dei sintomi” (un criterio con cui si valuta il malessere) ridursi in modo significativo da una media di 245 a 110. Quindi, con 6 settimane di dieta di rotazione, in cui un terzo dei pasti sono rimasti liberi (con la possibilità, a Genova, di mangiare nei giorni liberi perfino focaccia e pesto senza problemi), sintomatologie intestinali che si dimostravano resistenti da anni ad altri tipi di trattamento sono regredite ad un livello corrispondente quasi alla guarigione.
Solo i pazienti che hanno seguito correttamente la loro personale dieta di rotazione hanno visto calare in modo significativo i valori di Immunoglobulina G (IgG) specifiche per gli alimenti. Sono gli anticorpi alimento-specifici che vengono misurati con il test Recaller 2.0 e con il test PerMè.
Da anni continuiamo a ripetere, come segnalato anche dal Ministero della Salute, che le IgG alimentari sono espressione di un eccessivo consumo alimentare e non c’entrano minimamente con supposte “allergie” o particolari tipi di reazione al cibo. L’organismo però, grazie alle IgG specifiche, segnala gli eccessi alimentari o la ripetuta introduzione di alimenti o di gruppi alimentari, come il nostro gruppo di ricerca ha documentato nel 2019 su Nutrients. Conoscendo il livello individuale di IgG, in presenza di un certo livello di infiammazione, è possibile impostare una dieta personalizzata che consente, come la nuova ricerca ha evidenziato, una netta riduzione dei sintomi in tempi decisamente brevi.
È interessante notare che quei pazienti del gruppo che non hanno seguito con correttezza il loro programma alimentare (i cosiddetti pazienti “non complianti”), riducendo solo “un po’” gli alimenti, ma continuando a mangiare comunque i cibi abituali, hanno visto ridursi “un po’” i sintomi nelle prime tre settimane di dieta, ma nelle tre successive la situazione sintomatologica si è ripresentata o comunque non è più calata, a differenza di coloro che stavano seguendo correttamente il loro programma alimentare e che hanno visto confermare la progressione dei miglioramenti.
Ho chiesto al dottor Mattia Cappelletti, primo firmatario dell’articolo, un parere sui risultati del lavoro e riporto le sue considerazioni: «L’infiammazione è sicuramente una delle cause principali di colite e di IBS e la conoscenza della relazione tra infiammazione e intestino ha portato oggi ad un cambiamento radicale nella comprensione di queste patologie. La documentata efficacia e la sicurezza di una dieta di rotazione, basata sul profilo alimentare personale mette nelle mani del medico e del nutrizionista strumenti efficaci per la cura e il controllo di queste sindromi».
L’importanza sperimentale di giorni effettivi di controllo alimentare è stata già precisata da Kang nel 2017 e su Eurosalus abbiamo discusso il tema in un articolo dal titolo “Infiammazione da cibo e giorni di magro: il perché immunologico delle diete di rotazione”. La ricerca pubblicata su Nutrition and Metabolism (London) di cui parliamo oggi è però il primo studio clinico umano che conferma l’efficacia e la sicurezza della dieta di rotazione in un quadro clinico ben preciso e definito come la Sindrome del Colon Irritabile.
La dieta di rotazione si dimostra quindi uno strumento efficace e sicuro per trattare i diffusissimi disturbi intestinali, suggerendo il suo utilizzo anche per affrontare, come facciamo da anni, le più diffuse malattie che abbiano una base infiammatoria, metabolica e immunologica.