Ma l’aspartame fa male o no? Soldi e potere più importanti della salute
Si avvicina l’estate e i produttori di bevande dolci o dolcificate si lanciano in azioni di promozione commerciale che forse hanno poco da spartire con l’immagine di fitness e salute con cui spesso queste bevande vorrebbero essere identificate.
La storia dell’aspartame è purtroppo ricca di intrecci tra politica e affari, e la salute sembra essere la cosa più lontana dai progetti “sanitari” delle persone coinvolte.
Nei mesi scorsi un importante lavoro italiano, comunicato pubblicamente solo dopo attentissime verifiche, aveva evidenziato un elevato rischio di cancerogenicità (linfomi) nell’uso dell’aspartame, già sotto inchiesta per i suoi possibili devastanti effetti neurologici.
Infatti non è casuale che la notizia del lavoro scientifico che cerca di riabilitare l’aspartame, il noto dolcificante artificiale, sia comparsa ieri 8 aprile nella sezione “business” del New York Times anzichè nella più appropriata sezione “salute”.
Il problema dell’aspartame riguarda da vicino tutto il mondo economico e le multinazionali. Ma su questo dolcificante, oltre a quello dello sviluppo tumorale, cadono molti altri sospetti, che vanno dal rischio di morte cardiaca improvvisa, a gravi malattie neurologiche. Forse sarebbe bene che qualche scienziato indipendente tornasse ad occuparsi del problema.
Lo studio è stato effettuato da ricercatori del governo presso il National Cancer Institute e finanziato in gran parte da fondi economici federali. Considerata la storia pregressa dell’aspartame questo aspetto non rappresenta una garanzia di indipendenza.
Inoltre va ricordato che il lavoro si basa sulla raccolta di dati provenienti da questionari alimentari inviati per posta a persone di età compresa tra i 50 e i 70 anni, in cui si chiedeva alla gente di ricordarsi cosa avessero bevuto o mangiato nell’anno precedente.
Ben diverso il lavoro italiano in cui si sono misurate attentamente le quantità somministrate e sono stati valutati e controllati i dati relativi alla comparsa di leucemie e linfomi in modo strettamente proporzionale alle quantità introdotte.
Siamo quindi di fronte ad una ennesima controversia che sembra scientifica ma che probabilmente è legata solo all’aspetto commerciale del problema.
Eurosalus ha già ampiamente dibattuto il ruolo vago che spesso hanno i questionari nelle ricerche scientifiche sulle scelte dietetiche, e quindi segnaliamo che la diffusione sui mezzi di comuinicazione di questo lavoro di qualità scientifica non certo elevata non potrà tranquillizzare le persone.
A conferma delle forti preoccupazioni presenti nei produttori di aspartame segnaliamo che nei giorni scorsi, come riportato dalle pagine finanziarie del Frankfurter Allgemeine Zeitung del 30 marzo, è stato chiuso uno degli impianti di produzione europei dell’aspartame.
La scusa ufficiale è l’eccesso di produzione a livello mondiale, ma forse anche le aziende che lo producono sentono il peso di una situazione che non potrà essere difesa troppo a lungo, neanche dal più smaliziato dei governi.