Acqua pulita con allergia alimentare garantita
Pulire l’acqua è una necessità, ma i ricercatori dell’Albert Einstein College of Medicine di New York, hanno pubblicato da pochi giorni sugli Annals of Allergy, Asthma and Immunology i risultati di una ricerca che segnala un possibile effetto collaterale dei residui della clorazione di notevole importanza epidemiologica e clinica (Jerschow E et al, Ann Allergy Asthma Immunol. 2012 Dec;109(6):420-5. doi: 10.1016/j.anai.2012.09.005. Epub 2012 Oct 1).
La presenza di una sostanza chiamata Diclorofenolo (normalmente presente in numerosi pesticidi e antiparassitari) nell’acqua potabile come residuo della clorazione è sicuramente associata alla comparsa di fenomeni allergici alimentari importanti.
Confrontando persone con i livelli di Diclorofenolo urinario più elevati con chi invece non era stato esposto a questa sostanza e presentava bassi o nulli livelli di contaminazione, la presenza di allergie alimentari era drammaticamente più elevata in chi aveva avuto contatto con questa sostanza.
In modo interessante l’aumento della reattività allergica vale solo per gli alimenti e non per gli allergeni respiratori. Abbiamo già descritto in un altro articolo la relazione tra inquinamento e allergia, ma questa nuova conoscenza obbliga ad ulteriori serie riflessioni sul modo in cui viviamo e ci nutriamo. Il controllo dell’inquinamento non potrà mai essere un tema secondario o una scelta politica di secondo livello. Coinvolge tutti noi in modo costante e diretto.
Le poche “vie di fuga” da questo problema sono quelle di avere la certezza di una clorazione che venga fatta su acqua già priva di sostanze organiche (che abbatterebbe la presenza di diclorofenoli) o l’utilizzazione di acque più pulite all’origine.
Mantenere attiva la capacità detossificante dell’organismo (inositolo, acido lipoico, vitamina C) è oggi uno strumento sempre meno opzionale.