Allergia e intolleranza alimentare: esiste un livello di soglia
Nei prossimi giorni si terrà a Monaco di Baviera il congresso mondiale di allergologia. Per la prima volta in assoluto uno degli workshop congressuali sarà destinato al concetto di livello di soglia.
Una così evidente realtà clinica, di cui lo staff di Eurosalus parla da moltissimi anni sia attraverso articoli sia attraverso libri che nel tempo è stata spesso negata dal mondo della medicina tradizionale, trova sempre maggiori livelli di accettazione anche nel mondo accademico.
Nel primo pomeriggio di mercoledì 29 giugno (2005) infatti, la statunitense Susan Hefle, il tedesco Stephan Vieths e le francesi Denise-Anne Moneret-Vautrin e Fabienne Rancé,discuteranno del concetto stesso di livello di soglia, e della sua importanza in ambito clinico.
È importante ricordare che secondo questa visione concettuale, l’allergia non è mai un meccanismo on-off (che c’è o non c’è), ma è invece un meccanismo estremamente modulato, che è sempre presente, e che può stare al di sopra o al di sotto di un livello di soglia individuale.
Ogni persona infatti, essendo già allergica e intollerante a tutto, ed essendo però in grado di mantenere il controllo della reattività attraverso un meccanismo attivo, quando diventa clinicamente allergica (cioè manifesta dei segnali di allergia o di intolleranza) lo fa perché ha superato il livello di soglia della propria capacità di adattamento.
Non serve allora prendersela solo con i “pollini cattivi” o con il “latte diventato tossico”, ma bisogna considerare cosa sia avvenuto in quell’organismo, e aiutarlo a ricreare tolleranza, sia attraverso una eventuale iposensibilizzazione, sia eventualmente attraverso strumenti indiretti come l’uso di alcuni minerali.
Nel campo delle allergie alimentari la nozione di livello di soglia è importante anche perché si possono stabilire dei livelli minimi di sicurezza per il contatto con la sostanza responsabile di allergia (basti pensare alla quantità di arachide effettivamente sufficiente a scatenare una reazione letale).
Sul piano concettuale però la cosa più importante è che mettere al centro della attenzione il livello di soglia, profondamente individuale, riporta il pensiero verso la individualità della risposta allergica e evidenza una sempre maggiore importanza del terreno e delle modalità di risposta di ogni singolo individuo.
In particolare poi la Rancé (la cui relazione titolerà: “Il livello di soglia nell’infanzia”) ha recentemente presentato dei lavori in cui, usando un test non convenzionale come il FAST test (Food Application Skin Test – una specie di Patch test effettuato con la applicazione sulla schiena di cerottini contenenti alimenti), ha precisato che la guarigione dei bambini con dermatite atopica era più elevata nei bambini che manifestavano la reazione dopo 48 o 72 ore di applicazione, nei quali cioè si evidenziava un problema di allergia ritardata, e non la classica allergia immediata da Immunoglobuline E (IgE).
Questo è esattamente il modo in cui oggi noi dobbiamo intendere le intolleranze alimentari di cui per anni abbiamo parlato.