Latte vaccino: meglio introdurlo dopo la prima candelina
Quest’anno lo storico appuntamento “Milano Pediatria 2012”, che si è svolto nel capoluogo lombardo dal 15 al 18 Novembre, ha permesso di approfondire argomenti di attualità e importanza scientifica come il ruolo della nutrizione nella salute e nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, il latte vaccino e lo svezzamento del neonato, i disturbi del comportamento alimentare e le problematiche dell’adolescente, la prevenzione e la terapia dell’asma e delle allergie.
All’interno della sessione “Il latte: perché ogni bambino ha bisogno di un’alimentazione dedicata?”, il professor Carlo Agostoni della Clinica Pediatrica dell’Ospedale San Paolo e docente dell’Università degli Studi di Milano, ha indicato le linee guida per l’alimentazione durante il primo anno di vita del neonato.
In particolare ha sottolineato che “per una crescita in buona salute è fondamentale sensibilizzare le mamme affinché non diano latte vaccino ai loro bambini, almeno prima del compimento dell’anno di vita“. Tale affermazione, continua l’esperto, è dovuta ad alcune carenze del latte vaccino quali la scarsità di ferro e di acidi grassi essenziali e l’eccesso di proteine e di acidi grassi saturi.
Inoltre, ricordando l’importanza cruciale dell’allattamento al seno almeno per i primi 6 mesi di vita, il Prof. Agostoni ha evidenziato che “i latti formulati attualmente in commercio rappresentano un’alternativa all’allattamento al seno solo quando quest’ultimo non sia disponibile“.
Nei primi mesi di vita è di fondamentale importanza proteggere il neonato dalla carenza di ferro, fornire gli acidi grassi essenziali (omega 3 e omega 6) e le vitamine necessarie, mantenendo la protezione sugli eccessi di proteine, grassi e sodio.
Il latte vaccino contiene più proteine e meno ferro del latte materno e dovrebbe restare lontano dal biberon fino a quando il bambino non spegne la prima candelina. Il contenuto di proteine nel latte vaccino (3,2 g/100 ml) risulta essere 4 volte maggiore rispetto al latte umano (0,9 g/100 ml) mentre risulta povero di ferro, minerale fondamentale, che assieme a iodio e zinco, è coinvolto nel corretto sviluppo cerebrale del neonato.
Anche per questi motivi è importante posticipare l’introduzione del latte vaccino nella dieta del bambino, almeno dopo l’anno di vita, continuando a utilizzare il latte materno, il più a lungo possibile.
Esistono numerose buone ragioni per privilegiare l’allattamento al seno invece che introdurre precocemente il latte vaccino.
Eccone di seguito alcune:
- il latte vaccino è responsabile di un relativo eccesso di apporto di proteine e di sali minerali (sodio in particolare): tutto ciò rischia di portare ad un sovraccarico di lavoro per i reni del lattante che sono ancora impreparati a smaltire una concentrazione più elevata di proteine e minerali (si verifica infatti un innalzamento dei livelli plasmatici di azoto e si provoca quello che in termini medici viene definito un elevato carico renale di soluti).
- il latte vaccino può indurre microemorragie gastrointestinali, non visibili a occhio nudo, anche in assenza di segni di intolleranza al latte: ciò può aumentare la probabilità di andare incontro ad anemia e creare la base per lo sviluppo di infiammazione da cibo. Infatti la frequenza di sideropenia (cioè di bassi livelli di ferro nel sangue) a 12 mesi, è significativamente più elevata nei lattanti che ricevono latte vaccino.
- il latte vaccino non contiene una sufficiente quantità di acidi grassi essenziali (indispensabili per una corretta formazione delle fibre nervose e della struttura delle membrane cellulari) e di vitamine (soprattutto la vitamina D, fondamentale per fissare il calcio nelle ossa, la vitamina A, che protegge la pelle e le mucose e rinforza la vista, e la vitamina C, che possiede un’azione anti-infettiva e ha un ruolo importante nell’assorbimento di ferro da parte dell’organismo).
Nonostante questa raccomandazione sia ben chiara e accettata a livello internazionale, secondo un’indagine condotta in Italia nel 2011 da parte di Eurisko, il 64% delle mamme ha già introdotto il latte vaccino nella dieta del neonato molto prima dei 12 mesi di vita.
Al fine di privilegiare la salute del neonato e garantire un adeguato apporto di sostanze nutritive fondamentali per la sua crescita, è bene rifarsi alle linee guide dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che consigliano di praticare l’allattamento materno esclusivo (ove possibile) dalla nascita del neonato all’età di sei mesi di vita; questo conferisce diversi vantaggi sia al bambino che alla madre.
Primo fra questi è l’effetto protettivo contro le infezioni gastrointestinali.
Lo svezzamento dovrebbe iniziare intorno ai sei mesi; infatti la fascia d’età indicata per l’alimentazione complementare è generalmente compresa tra i 6 e i 24 mesi di età. In accordo con queste indicazioni, da lì può partire anche l’autosvezzamento.
Studi scientifici hanno dimostrato che una più lunga durata dell’allattamento al seno (almeno sino ai due anni di vita del neonato) è associata ad una minore incidenza di sovrappeso e sviluppo di obesità da adulti (Butte NF et al., Infant feeding mode affects early growth and body composition. Pediatrics. 2000; 106:1355-1366) e ad un migliore sviluppo cognitivo.
di Davide Maiocchi