Walt Disney cancella la pubblicità di junk food
“Non risolveremo mai la crisi dell’obesità dei nostri bambini finché le compagnie non cambieranno il modo di propor loro il cibo”.
È stato questo uno dei passaggi più forti dell’intervento con cui Michelle Obama ha annunciato lo stop da parte di Walt Disney Company agli spot pubblicitari di cibo spazzatura durante i programmi per bambini.
Non è casuale sia stata la first lady ad apparire alla rete Abc (di proprietà Disney) per dare la notizia e il proprio appoggio all’iniziativa. Michelle Obama è infatti in prima linea nella battaglia per affermare una cultura del cibo radicalmente diversa da quella diffusa negli Stati Uniti.
ChooseMyPlate.gov è l’iniziativa del governo, di cui è promotrice la moglie del Presidente, che smonta la piramide alimentare in cui trionfavano i carboidrati per abbracciare un sistema alimentare con un’equilibrata partizione tra proteine, carboidrati, frutta e verdura.
[leggiAnche]
Mrs. Obama non ha lesinato sui toni – “Disney ha fatto ciò in cui nessuna major è riuscita prima, negli USA” -; ma al di là dell’inevitabile retorica, la first lady ha sottolineato due punti centrali.
Uno, è la necessità da parte delle aziende chiedersi, nel momento in cui si produce uno spot, se il contenuto sia giusto per “i nostri bambini”, e come sia altrettanto necessario non darsi risposte sbagliate. L’altro è proprio la conseguenza di quella risposta; ha aggiunto infatti la first lady: “Spesso il lavoro dei genitori consapevoli è vanificato dalla pubblicità”.
“Non ci avremmo creduto, due anni fa”, ha poi detto, evidenziando una volta di più l’importanza dell’iniziativa di un marchio globale qual è Disney. Ciò non deve tuttavia far pensare che a questo risultato si sia giunti da un giorno all’altro.
Gli allarmi su quanto la pubblicità possa influenzare la percezione dei bambini, orientandone le scelte in modo radicale, risalgono già a qualche anno fa.
Era il 2007, per esempio, quando Eurosalus ha raccontato di una ricerca di studiosi della Stanford University (California) su come un marchio forte (McDonald’s, nella fattispecie) attirasse a sé la preferenza di bambini chiamati a decidere se prendere il cibo da un pacco anonimo o da uno con il logo del fast food. Ed era di pochi mesi prima la notizia dell’iniziativa di insegnanti e consumatori – in Inghilterra, questa volta – che chiedevano di restringere le norme dettate per la pubblicità di alimenti (soprattutto hamburger e merendine) destinata ai ragazzi.
La decisione della Disney appare dunque come uno dei più forti tra i tentativi in atto per risolvere il problema dell’obesità (un bambino su tre negli USA è almeno in sovrappeso), tra i quali va ricordato anche l’intenzione – annunciata, ma al momento ancora non praticata – da parte del sindaco di New York Michael Bloomberg di vietare le bibite extralarge (veri e propri secchielli da quasi un litro) nei ristoranti, nei teatri e nei cinema della città.
E l’Italia? Di iniziative come queste non c’è traccia. Ma seppure in misura inferiore agli Stati Uniti, il nostro paese non è estraneo al problema.
Gli ultimi dati disponibili (progetto “Okkio alla salute” 2010) dicono che il 22,9% dei ragazzi tra gli 8 e i 9 anni è in sovrappeso, e l’11,1% è obeso. Cifre che chiedono un atto importante e coraggioso, come quello di cui è stata capace la Walt Disney Company.