Un mercato ricchissimo, sulla pelle dei nostri bambini
Il disturbo, diagnosticato sulla base di sintomi estremamente vaghi (condivisi, per lo più, anche da bambini senza alcun disagio particolare) appare in forte crescita in tutto il mondo occidentale. Non stupisce quindi che quest’area in espansione sia presa di mira dalle più potenti multinazionali dell’industria farmaceutica.
Colpisce negativamente, invece, che nonostante il dibattito ormai acceso sull’argomento, la ricerca scientifica continui a muoversi in questa direzione. Una nuova ricerca, per esempio, segue da vicino una precedente verifica, riportata dal Journal Watch Psychiatry del 26 ottobre 2004, dalla quale era emerso come la cura a base di stabilizzatori dell’umore, somministrata a piccoli pazienti bipolari o con diagnosi di ADHD, non desse i risultati desiderati.
Il nuovo studio ha quindi esaminato la possibilità di integrare il trattamento con farmaci stimolanti (Scheffer RE et al. Randomized, placebo-controlled trial of mixed amphetamine salts for symptoms of comorbid ADHD in pediatric bipolar disorder after mood stabilization with divalproex sodium. Am J Psychiatry 2005 Jan; 162:58-64.
Un accanimento terapeutico che appare preoccupante se teniamo conto di alcuni dati:
- In tutta Europa, il consumo di psicofarmaci in età infantile sta registrando impennate impressionanti.
- In Italia, il Ministero della Sanità ha dichiarato che le prove cliniche del Metilfenidato (principio attivo del farmaco che va sotto il nome commerciale di Ritalin sono sufficienti per considerarlo il medicinale di prima scelta per il trattamento dell’ADHD.
- In Italia sono ventimila i bambini e i ragazzi in cura con psicofarmaci.
- Nei bambini e negli adolescenti, alcuni farmaci antidepressivi (quali Paxil, Zoloft ed Efexor possono innescare il meccanismo psicologico che porta al suicidio, come hanno segnalato i consiglieri scientifici del governo degli Stati Uniti. Benché le prove del rischio di suicidio non siano definitivamente accertate, come hanno ammesso i consiglieri di fronte alla Food and Drug Administration, genitori e medici devono sapere che bambini e ragazzi con sintomi come agitazione, ansia ed ostilità potrebbero essere particolarmente vulnerabili a questi farmaci.
Di fronte a fatti come questi, è facile domandarci a chi serve drogare i nostri bambini.
Certamente la soluzione farmacologica appare tanto più semplice e meno costosa (nel breve periodo) rispetto all’indagine delle cause dell’instabilità psicomotoria (che come sottolinea il dottor Giovanni Bollea, uno dei padri della neuropsichiatria infantile italiana, possono andare da un disturbo endocrino a un problema ambientali a metodi educativi inadeguati rispetto alla nascita di un fratellino) e a un intervento di natura psicologica.
Sappiamo inoltre come l’ipersensibilità ad alcuni additivi alimentari, come la tartrazina, possa determinare in certi bambini fenomeni di carattere neurologico simili a quelli descritti, e in questo caso possano essere affrontati in modo più sicuro con una dieta adeguata.
Esistono poi possibilità terapeutiche infinitamente più rispettose e naturali, come quelle offerte dai rimedi omeopatici o fitoterapici che agiscono sul sistema nervoso. E minerali e oligoelementi che, come lo zinco, possono essere di grande beneficio per i bambini con sintomi di iperattività.
Anche l’attività sportiva, per i suoi profondi effetti su tutto il sistema psicofisico e per la sua capacità di aiutare a scaricare l’aggressività, dovrebbe essere sempre tenuta presente, a maggior ragione quando si tratta di bambini e adolescenti, come uno strumento utile e sano di riequilibrio.
di Francesca Speciani