Tiroide e miti alimentari: soia e broccoli fanno male?

13 Marzo 2024
Tiroide e miti alimentari: soia e broccoli fanno male?

Con la presenza di disturbi tiroidei l’alimentazione rappresenta un’arma potente.

È recentissima la pubblicazione sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism in cui si evidenzia che l’ipotiroidismo subclinico, spesso considerato associato alla tiroidite di Hashimoto, in molti casi può guarire da solo tramite una integrazione di alcuni aminoacidi e sali minerali tra cui Selenio, Cromo e Manganese, anche naturalmente presenti negli alimenti.

Questa è l’ennesima conferma di ciò che da anni mettiamo in pratica nel centro medico SMA di Milano in cui lavoro.

Sappiamo bene infatti come il modo di alimentarci ha una stretta connessione con la funzionalità tiroidea.

Il BAFF (B-cell Activating Factor), che aumenta in corrispondenza della presenza di una infiammazione anche indotta dal cibo, e in particolare indotta dalla ripetitività con cui gli alimenti vengono assunti,  può innescare e mantenere nel tempo le varie forme di tiroidite autoimmune

La glicazione, inoltre, fenomeno per cui le proteine circolanti dell’organismo vengono alterate nella struttura e quindi nella funzione dall’aggressione dello zucchero in eccesso, non solo scombussola la funzionalità tiroidea ma, nei casi più gravi, può indurre anche forme tumorali

Purtroppo sono presenti ancora molti luoghi comuni sull’alimentazione per la salute della tiroide e in particolare spesso si sente dire di eliminare alimenti quali soia e derivati, così come le brassicacee (cavoli, cavoletti di Bruxelles, broccoli…). 

Le evidenze mostrano chiaramente invece come è sempre la quantità a causare il problema: alte quantità di goitrina, contenuta anche nelle brassicacee, possono sì inibire l’uptake di iodio della tiroide ma i cavoli e i cavoletti di Bruxelles ne contengono quantità potenzialmente influenti solo se vi è un abuso.

D’altra parte, ad esempio il kale, le cime di rapa e i broccoli contengono quantità di goitrina ritenute sicure per un utilizzo medio.

In aggiunta, l’ammollo e la cottura inattivano gli enzimi responsabili di interferire con i processi tiroidei.

Ad oggi non esiste quindi una relazione causa effetto tra consumo di crucifere e patologie tiroidee. Si raccomanda quindi il consumo in un contesto di varietà, come per qualsiasi tipologia di alimento. 

Anche il rapporto tra soia e tiroide è molto dibattuto per via degli isoflavoni che “si narra” impediscano la produzione di ormoni tiroidei T4 e T3, favorendo quindi una disfunzione nell’attività delle ghiandole.

In realtà, anche in questo caso le evidenze scientifiche scarseggiano, soprattutto quando si parla di quantitativi apportati da alimenti, senza presenza di integrazioni massicce.

L’unica accortezza è quella di evitare l’assunzione di soia a ridosso dell’assunzione di farmaci a base di levotiroxina ma di assumere soia e i suoi derivati a distanza di circa 4 ore. 

La strada da percorrere per il benessere tiroideo è quindi la personalizzazione, basata su misurazioni attendibili e che permettano di modulare infiammazione da zuccheri e alimenti senza eliminazioni. 

Utilissimo anche consumare alimenti che consentano di assumere sali minerali tra cui Selenio, Cromo e Manganese, fondamentali per la salute tiroidea, e aminoacidi (e di conseguenza proteine) nelle giuste quantità.

Ecco alcuni spunti per fare un carico di sali minerali e assumere un quantitativo proteico corretto:

Colazione

  • Fiocchi di avena con semi di girasole e cioccolato fondente, bevanda vegetale di mandorla, uova strapazzate e un frutto. 
  • Crema 100% frutta secca abbondante (ad esempio di mandorle o di noci), pane integrale e fragole.
  • Crêpes con farina di ceci e cacao in polvere, farcite con frutti rossi e ricotta. 

Pranzo o cena

  • Insalata fredda di farro, alici, uova sode e carote.
  • Patate dolci con tonno, prezzemolo e lattuga.
  • Riso integrale profumato allo zenzero con salmone e porri.

Come potete leggere, ogni esempio è caratterizzato dalla presenza di una quota proteica, di fibre, carboidrati integrali e grassi buoni. Ciò consente di modulare i picchi glicemici e di ridurre i fenomeni di glicazione.