Quando tiroide, pelle e intestino si ammalano insieme. Non è solo colpa del glutine
La sensibilità al glutine non celiaca e la celiachia hanno aiutato a capire che disturbi apparentemente così distanti tra loro, come la sindrome del colon irritabile, molte forme di dermatite e la tiroidite di Hashimoto, sono in realtà legati da una azione infiammatoria e immunologica attivata dal glutine.
Infatti a molte persone capita di iniziare a soffrire di colite, magari per anni, per sviluppare poi forme di dermatite che viene scambiata per allergica e scoprire poi per caso, autoanticorpi tiroidei che caratterizzano la tiroidite di Hashimoto.
Ma il percorso può essere inverso o intermedio: comparsa di un ipotiroidismo funzionale a cui segue una forma di colite e di malassorbimento spesso confuso con il Crohn, a cui fanno compagnia aspetti di irritazione cutanea non troppo spiegata e ci sono infinite altre possibilità di combinazione.
Si tratta di una consapevolezza cresciuta gradualmente nel mondo scientifico, per la quale, oggi, in presenza di uno di questi tre disturbi, è corretto valutare ed escludere (o confermare) la possibile presenza degli altri, insieme ad una valutazione che comprenda anche gli anticorpi antinucleo (ANA), così frequentemente correlati all’intestino e gli altri esami specifici per le tre malattie.
La novità sta nel fatto che se la celiachia ha “aperto la strada” a questa comprensione, oggi si è capito che qualsiasi alimento, mangiato in eccesso o in modo ripetitivo, può determinare l’aumento di citochine infiammatorie, come il BAFF e attivare il processo immunologico che ne mantiene i sintomi.
E lo studio di questi alimenti o della componente di glicazione legata agli zuccheri può solo essere personalizzata (con valutazione delle citochine infiammatorie, dei fattori di glicazione e del profilo alimentare individuale attraverso specifici test).
Tiroiditi autoimmuni e di Hashimoto correlate al BAFF: l'importanza dell'infiammazione da cibo
Nel centro SMA in cui lavoro, capita infatti sempre più frequentemente di incontrare persone che presentano sintomi di questo tipo (ipotiroidismo, pancia gonfia con meteorismo, carenza di vitamina D3, occasionali fenomeni orticarioidi o dermatiti specifiche) che sono già passati attraverso terapeuti di ogni tipo e genere che su base “intuitiva” hanno detto di togliere latticini e glutine.
Nella maggior parte dei casi i pazienti hanno avuto un lieve o nullo beneficio, hanno eliminato degli alimenti senza ragione e finalmente vengono a chiedere una valutazione personalizzata su base scientifica che li guidi al recupero di una fisiologica assunzione alimentare varia e completa, obiettivo primario dei nostri percorsi terapeutici.
Nel lavoro sulla sindrome del colon irritabile (IBS) che nel dicembre 2020 il nostro gruppo di ricerca ha pubblicato su Nutrition and Metabolism (London) si è evidenziato in modo molto preciso e significativo che la semplice “riduzione” di assunzione alimentare, fatta “a casaccio” o su base fintamente statistica perché in Italia frumento e latte sono spesso la causa di disturbi infiammatori, porta ad un minimo iniziale miglioramento che non si mantiene nel tempo (un po’ di cambiamento di abitudini fa sempre un po’ di bene), mentre chi segue in modo adeguato una dieta di rotazione personalizzata sui propri bisogni ottiene in modo completo lo scopo cercato.
Mentre mi stavo specializzando in Immunologia all’Università di Milano, e già allora lavoravo sulle infiammazioni indotte da Nichel (che sappiamo riguardare almeno il 30% della popolazione sana), ero stupito del fatto che una delle diete di eliminazione più in uso in Italia (la dieta di McEwen) fosse una dieta a base di riso, pera, agnello, tacchino, zucchero, che cioè non teneva in minima considerazione gli effetti pro-allergizzanti della glicazione e soprattutto proponeva degli alimenti a elevato contenuto di Nichel; poteva ridurre gli effetti del glutine e dei latticini ma scatenava le stesse reazioni per la presenza eccessiva di Nichel.
La scelta degli alimenti e la quantità di zuccheri, frutta, alcol e polioli deve sempre essere personalizzata per potere arrivare ad effetti clinici. Supporre senza la base di una misurazione certa, porta spesso a risultati contrari a quelli aspettati.
Certo, il glutine in Italia può essere causa della intolleranza al glutine di tipo celiaco e della sensibilità al glutine NON celiaca, ed è un alimento molto diffuso, per cui trovare un eccesso alimentare di glutine nella popolazione italiana media è un fatto frequente.
Inoltre, i sintomi inducibili dal glutine sono tanti, ma gli stessi sintomi possono derivare da una ripetuta introduzione di alimenti che fanno parte del gruppo del latte, del gruppo del Nichel, del gruppo dei lieviti e delle sostanze fermentate e del gruppo degli oli cotti.
Se si pensa alla dieta FODMAP, del tutto generica e non personalizzata, che viene proposta oggi in molti centri, si capisce che si tratta in realtà di una dieta che toglie un po’ il glutine, un po’ i prodotti fermentati e un po’ gli zuccheri. A volte funziona per qualche tempo, per gli stessi motivi di “riduzione dello stimolo” appena segnalati, ma va a scontrarsi con la necessità di individualizzazione che di fatto non rispetta.
Il BAFF o il PAF si possono alzare per la ripetizione di qualsiasi tipo di alimento e diventa importante e necessario capire e studiare come alimenti e zuccheri contribuiscano alla genesi infiammatoria.
Una dieta di rotazione personalizzata, l’uso attento dei diversi enzimi digestivi a disposizione e il supporto di alcune sostanze minerali e vitaminiche adatte, sono gli strumenti per fare diventare questa triade di malattie un processo unitario che si possa riequilibrare o supportare in modo semplice e personalizzato.