Tiroidite di Hashimoto: è utile integrare il Selenio?
DOMANDA
Ho letto che in caso di infiammazione della tiroide è utile integrare il Selenio. Quali sono gli effetti positivi di questo minerale? È veramente utile o si tratta di una delle solite bufale che circolano sul web?
RISPOSTA
Gentilissima Lettrice,
per una corretta diagnosi di tiroidite di Hashimoto è necessaria che sia accertata la presenza di due auto-anticorpi rivolti contro la tiroide, che si chiamano anticorpi anti-tireoglobulina e anticorpi anti-tireoperossidasi.
Una meta-analisi pubblicata sulla prestigiosa rivista Thyroid nel 2016 conferma che l’integrazione di Selenio è utile per ridurre i livelli di questi anticorpi (Wichman J et al. Thyroid. 2016;26(12):1681–1692. doi:10.1089/thy.2016.0256).
Proprio per questo, in caso di tiroidite di Hashimoto spesso si suggerisce l’integrazione di Selenio con l’obiettivo di modulare la produzione di questi anticorpi. Ad esempio, parlando di integratori specifici, è possibile utilizzare un prodotto come Selenio Vitamina C al dosaggio di 2,5 ml a prima colazione per cicli terapeutici anche prolungati.
Nonostante ciò, la positività di questi anticorpi non significa necessariamente che la tiroide abbia smesso di funzionare, ma indica solo la necessità di controllare la funzione tiroidea periodicamente, soprattutto in relazione alla comparsa di sintomi che ne possano indicare un mal funzionamento, come un aumento ingiustificato di peso, una eccessiva sensazione di freddo, una forte stanchezza immotivata, così come un’eccessiva stitichezza.
Allo stesso modo non è ancora chiaro se riducendo la concentrazione di questi anticorpi si abbia un effetto positivo sul piano clinico e soprattutto sulla funzione tiroidea che si testa con altri esami di laboratorio.
Tiroiditi autoimmuni e di Hashimoto correlate al BAFF: l'importanza dell'infiammazione da cibo
In particolare FT3, FT4 e TSH valutano la funzione tiroidea: i primi due sono gli ormoni prodotti dalla tiroide mentre il TSH è un ormone che dice alla tiroide quando deve funzionare e viene prodotto da una ghiandola chiamata ipofisi.
Un altro aspetto da tenere in considerazione nei meccanismi patologici alla base di una tiroidite è la concentrazione di una molecola infiammatoria con il B Cell Activating Factor (BAFF).
Un gruppo milanese di ricercatori ha messo in evidenza come nei preparati istologici il BAFF e i suoi recettori siano significativamente più evidenti in caso di tiroidite di Hashimoto rispetto ad altre patologie tiroidee, come il gozzo multinodulare, in cui manca una patogenesi autoimmune (Campi I et al. Thyroid. 2015;25(9):1043–1049. doi:10.1089/thy.2015.0029).
In quest’ottica, è importante ragionare anche su come ci si comporta a tavola. Lo studio della infiammazione da cibo, con test come Recaller e BioMarkers, e l’impostazione di una dieta di rotazione settimanale sulla base del proprio profilo alimentare personale possono contribuire positivamente alla riduzione del BAFF aiutando a mettere la tiroide nelle condizioni migliori di funzionare.
Oltre a questo è utile iniziare la giornata con una prima colazione abbondante, che bilanci correttamente carboidrati e proteine. Questa abitudine rappresenta probabilmente uno dei segnali più importanti per sostenere sul piano nutrizionale la funzionalità tiroidea.
Anche l’attività fisica è di grande aiuto per accelerare il metabolismo e per chi ha problemi di tiroide deve diventare parte integrante della propria quotidianità: è sufficiente una passeggiata a passo svelto di almeno 30 minuti tutti i giorni per fare davvero la differenza sul piano metabolico.
Nel percorso di cura di una tiroidite è bene farsi aiutare dal proprio medico di fiducia o dal proprio endocrinologo senza timore di utilizzare farmaci come Levotiroxina quando necessario, ma ben consapevoli della possibilità di affiancare a questo impostazione terapeutica un supporto basato su una corretta impostazione nutrizionale e su una corretta integrazione.