Misurati gli effetti della meditazione: allenando la testa eviteremo i farmaci
Sono sempre più numerosi i lavori scientifici che mettono in relazione la meditazione con effetti molto precisi e ripetibili sulla salute: meno sostanze stressanti, minore affaticamento cardiaco, riduzione netta della fatica muscolare sotto sforzo e altri ancora.
I critici però sostengono che chi medita non fa nulla di diverso dal semplice relax, ottenendo gli effetti che qualsiasi persona otterrebbe rilassandosi. Un lavoro scientifico pubblicato in questi giorni conferma invece il valore della meditazione.
Lo studio, effettuato presso lo Stress Institute della Roosvelt University (J Clin Psychol 2001 Jun;57(6):839-46) ha potuto caratterizzare la netta differenza che esiste tra il relax (riposo attivo, silenzio, attività piacevole) e la meditazione, confrontando i risultati di test psicodiagnostici ben definiti praticati prima e dopo il relax o la meditazione.
Chi medita ha un minor livello di preoccupazione, rispetto a chi semplicemente si rilassa, e incrementa notevolmente gli stati di quiete e disponibilità mentale legati alla produzione di serotonina.
Un interessante confronto tra le caratteristiche mentali di chi pratica la meditazione e di chi non lo fa ha evidenziato in chi medita una maggiore fiducia in una saggezza interiore, e un minor ricorso al pensiero magico, cioè quel tipo di pensiero che ci fa pensare di trovare le soluzioni in modo inaspettato (come chi pensa di risolvere i problemi economici di una vita vincendo al totocalcio). Chi medita quindi sviluppa una maggiore fiducia nelle propria autonomia e nelle proprie capacità.
Il dato importante comunque è la caratterizzazione di questa diversità evidente tra due modi diversi di “riposarsi”, da molti ritenuti fino ad oggi equivalenti. Questo rafforza il significato dei risultati di lavori scientifici molto recenti in cui la meditazione ha appunto evidenziato la possibilità di modificare il flusso sanguigno cerebrale (Psychiatry Res 2001 Apr 10;106(2):113-22), regolare il ritmo cardiaco (Brain Res Cogn Brain Res 2001 Apr;11(2):281-87), ridurre la produzione delle catecolamine connesse allo stress (Physiol Behav 2001 Jan;72(1-2):141-46) e ridurre l’affaticamento muscolare connesso allo sforzo fisico (Br J Sports Med 2000 Aug:34(4):268-72).
È possibile che ci sia quindi a disposizione uno strumento utile non solo per modificare la componente emotiva, ma per agire direttamente, in modo sicuro, su problemi fisici ben determinati.
La strada è ancora lunga, ma gli inizi del sentiero sembrano bene tracciati.