Non solo il fegato: quando anche il pancreas diventa grasso
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Quando sentiamo il termine steatosi, il primo organo a cui pensiamo è il fegato che diventa “grasso”.
In realtà a poter diventare “grasso” è anche il pancreas, diventando più soggetto ad andare incontro a condizioni infiammatorie e a un maggior rischio di patologie metaboliche, tumorali e ormonali, come spiegato in una ricerca dell’American Journal of Gastroenterology del 2024.
Per tanti anni si è pensato che il responsabile delle steatosi fosse solo l’alcol e invece non è solo questa molecola ma anche nutrienti che spesso vengono percepiti come “sani” e da consumare senza particolari restrizioni.
Pensiamo ad esempio al fruttosio (zucchero predominante della frutta), il cui consumo veniva addirittura incentivato nei bambini, e che se assunto in maniera individualmente eccessiva è alla base di processi di glicazione e quindi di infiammazione da zuccheri, correlata a molteplici sintomi e disturbi.
Quando il pancreas si riempie di grasso. Uguali cause e stessi rischi della steatosi del fegato
Anche i carboidrati complessi (pane, pasta, riso, cereali in chicchi…), nonostante siano alimenti estremamente benefici e fonte di energia, soprattutto se assunti nella forma integrale e non raffinata, se mangiati in modo sbilanciato e predominante, purtroppo favoriscono l’accumulo di grasso anche a livello pancreatico.
E quindi come assumere la frutta e i carboidrati in genere così da prevenire l’accumulo di grasso e processi di glicazione?
Utilissimo evitare nel cronico bevande zuccherate, snack dolci, o dolcificare caffè/tisane e ancora assumere in modo abbondante miele e marmellate, anche se 100 %, in quanto anche se considerati zuccheri “naturali” porteranno nell’organismo lo stesso effetto glicante dello zucchero” classico”.
La frutta, che di per sé è un alimento sano e il cui consumo deve essere incentivato per via della presenza di vitamine, sali minerali, fibre e acqua, dovrà comunque essere considerata fonte di zucchero. Pensate che una mela grande e una banana apportano circa 65 g di zucchero (l’equivalente di ben 13 zollette).
Importante evitarne l’assunzione sotto forma di centrifugati e estratti (concentrati sì di micronutrienti ma anche di zuccheri, e poverissimi di fibra che viene scartata dal macchinario). Utile inserirla nel pasto e non come spuntino come alimento singolo, così che la quota di proteine della colazione, del pranzo o della cena, moduli l’effetto dello zucchero; stesso discorso vale per i carboidrati complessi.
Ecco quindi alcuni esempi di pasti/spuntini bilanciati che comprendono anche alimenti che se assunti singolarmente hanno un potenziale effetto infiammatorio:
- Colazione con spremuta di arance non filtrata (la fibra modula e rallenta l’assorbimento degli zuccheri dell’arancia), accompagnata da pane integrale e ricotta abbondante.
- Spuntino con banana e abbondante frutta secca, fonte principalmente di grassi ma anche di una piccola quota proteica (40 g apportano le stesse proteine di un uovo e i grassi “buoni” all’interno riducono ancor di più l’assorbimento degli zuccheri del frutto).
- Un bel piatto di pasta integrale al pomodoro ma condito con tonno in vetro abbondante o macinato di carne e parmigiano o ancora associato ad una frittata con uova e dadini di speck, sempre mangiando una buona porzione di verdure.
- Miele e fette biscottate ma aggiungendo uno yogurt greco bianco (anche intero o parzialmente scremato, che donano un senso di sazietà maggiore rispetto alla controparte magra, per via della presenza dei grassi).
Anche i dolci e gli alcolici non dovranno essere eliminati del tutto, cosa sicuramente controproducente nell’ottica di un’alimentazione sostenibile nel tempo, ma è utile inserirli tenendo in considerazione i propri livelli di infiammazione da zuccheri, misurabili in modo preciso tramite marcatori specifici, tra cui l’Albumina glicata e il Metilgliossale.
Nel centro medico SMA in cui lavoro, mi occupo nello specifico anche di infiammazione da zuccheri e gestione di patologie ad essa correlate.