Fegato grasso e steatosi epatica: è colpa degli zuccheri e la loro riduzione fa guarire il fegato
Si è a lungo pensato che il fegato grasso dipendesse dall’eccesso di calorie e in particolare di grassi.
Oggi sappiamo che dipende invece dagli eccessi di zuccheri e che quando si parla di zuccheri ci si riferisce in particolare al fruttosio, presente nello zucchero da tavola e ovviamente nella frutta, nei succhi e nel miele. Inoltre è presente anche in numerosi prodotti di dolcificazione, come nello HFCS (sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio) ormai diffusamente usato anche in Europa per le preparazioni dolciarie.
Nel gennaio 2019 un gruppo di ricercatori statunitensi ha pubblicato sul JAMA una ricerca di forte impatto clinico, affrontando il tema della steatosi epatica (o “fegato grasso”) purtroppo molto diffusa negli USA anche tra i bambini e gli adolescenti, e in forte crescita anche tra i ragazzi europei, proprio per l’uso eccessivo di prodotti dolci (Schwimmer JB et al, JAMA. 2019 Jan 22;321(3):256-265. doi: 10.1001/jama.2018.20579).
Il termine con cui si identifica la steatosi è NAFLD (Non Alcoholic Fatty Liver Disease) e purtroppo si tratta di una condizione che nel 5% dei casi si trasforma in NASH (Non Alcoholic Steato Hepatitis) che è invece decisamente più impegnativa sul piano clinico, costituendo spesso la premessa di una evoluzione verso la cirrosi epatica o lo sviluppo di tumore del fegato.
Il lavoro pubblicato dal JAMA ha valutato 40 ragazzi tra gli 11 e i 16 anni con steatosi epatica maggiore del 10% del tessuto epatico e con transaminasi superiori a 45.
Un gruppo di controllo ha proseguito la dieta abituale, mentre a questi ragazzi sono stati fondamentalmente tolti i dolci per 8 settimane. Il massimo uso consentito doveva rimanere entro il 3% delle calorie giornaliere e la quasi totalità dei ragazzi valutati ha mantenuto l’aderenza dietetica, rivolta in particolare a succhi e prodotti dolcificati, perché il fruttosio va direttamente a trasformarsi in grassi senza le regolazioni attente riservate invece al glucosio.
I risultati sono stati straordinari, se si pensa che in genere non si riteneva che esistesse una terapia specifica per la steatosi. La percentuale di tessuto epatico ammalato è passato dal 25% al 17% mentre nel gruppo di controllo è scesa solo dal 21% al 20% (con alta significatività) mentre le transaminasi ALT sono calate da 103 a 61 U/L nel gruppo in trattamento mentre nel gruppo di controllo sono scese solo da 82 a 75.
Si tratta di un risultato notevole perché evidenzia quanto una scelta attenta dell’uso zuccherino può diventare rilevante per la guarigione. Al punto che nell’agosto 2019, Hepatology ha pubblicato un articolo su questo tema, riprendendo le ricerche del JAMA e riconfermandone la utilità e il valore (Neuschwander-Tetri BA, Hepatology. 2019 Aug 25. doi: 10.1002/hep.30910. [Epub ahead of print]).
Lo zucchero non è negativo e non lo può essere, visto che l’essere umano ha addirittura un ormone che lo fa ricercare, ma va usato con discernimento.
Oggi è possibile misurare con il GlycoTest (un test che misura due specifici biomarcatori degli effetti degli zuccheri) quanto l’alimentazione personale sia difforme dal giusto e quale tipo di predisposizione si abbia verso questo tipo di malattia. Per arrivare a un uso consapevole che può aiutare non solo chi abbia problemi di fegato e di steatosi, ma anche tutti coloro che abbiano problemi di salute legati al metabolismo zuccherino, dal diabete all’obesità e alle malattie cardiovascolari.