La pressione arteriosa elevata non è sempre un danno
Nella mia pratica clinica accade spesso di visitare persone anziane (ma non solo) che si lamentano di una serie di disturbi che hanno una specifica attinenza con la circolazione e con il nutrimento cerebrale.
Vertigini, confusione mentale, acufeni inspiegabili, declino cognitivo, perdita della memoria, stanchezza e (senza pretendere di avere concluso la serie) facili svenimenti o cadute con esiti in frattura sono tra le condizioni cliniche facilmente connesse con i disturbi di circolazione. Dopo un minimo di indagine, quando misuro la loro pressione trovo valori perfetti per un trentenne (120/70) ma poco adatti ad una persona di una certa età.
Da molti anni avevo il sospetto che in molte situazioni queste persone avessero solo un problema di pressione bassa spesso mantenuta in queste condizioni dalla “pillolina per la pressione” in uso ormai come uno “standard” da molti anni.
In molti casi ho volutamente ridotto o sospeso l’uso della “pillolina” per potere ridare alla singola persona una pressione arteriosa che facilitasse l’arrivo di ossigeno al cervello. Eurosalus, fin dal 2006 ha discusso del fatto che la pressione arteriosa elevata, nelle persone anziane, potesse essere una condizione normale e non patologica.
Inoltre spesso abbiamo avuto la conferma scientifica che l’uso di farmaci per la pressione aumentasse il rischio di frattura del femore, grazie al relativo “instupidimento” delle persone che assumevano i farmaci, con la pressione più bassa, ma con vertigini, instabilità e insicurezza come effetti collaterali.
Nelle scorse settimane infine, un lavoro scientifico importante, pubblicato sul Journal of American Geriatric Society, ha definito la stessa cosa, leggendola però dall’altra parte.
Gli autori olandesi hanno rilevato dei significativi vantaggi per le stesse patologie che ho appena descritto, nelle persone anziane che non prendono nessun farmaco per la pressione e che hanno un livello di pressione (sia sistolica sia diastolica) elevato, decisamente al di sopra degli standard previsti per le persone “normali” (Sabayan B et al, J Am Geriatr Soc. 2012 Nov;60(11):2014-9. doi: 10.1111/j.1532-5415.2012.04203.x. Epub 2012 Nov 5).
In pratica, il gruppo di ricerca ha seguito per qualche anno degli ultra ottantacinquenni con pressione arteriosa elevata e ha scoperto che il gruppo con la pressione più elevata aveva minore declino cognitivo, una più intensa attività giornaliera e un migliore punteggio relativo alla condizione mentale. Significa che a dispetto delle linee guida, mantenere efficiente lo scambio nutritivo a livello cerebrale può essere un vantaggio e non un danno.
Questo vale per gli ottantacinquenni, ma sappiamo che in medicina la statistica ha le “code lunghe”. Un uomo di 60 anni con pressione più alta del normale potrebbe essere normale?
Difficile affermarlo anche perché non è necessariamente il farmaco la vera arma per aiutare gli stati ipertensivi. Abbiamo già detto molte volte che il controllo dei cibi ad alto contenuto salino e un uso oculato del Magnesio, affiancato all’attività fisica sono tra le armi più naturali ed efficaci per regolare la pressione e allungare la vita migliorandone la qualità.