Donne, amazzoni e policistosi ovarica
C’è un disturbo particolare, dal nome complesso di policistosi ovarica (o sindrome dell’ovaio policistico), che richiama in molte donne problemi di squilibri ormonali, aumento di peso, acne.
Per anni è stato considerato un disturbo di tipo ormonale, come se le ovaie funzionassero male, fino a che non si sono comprese alcune delle ragioni per cui esiste ancora oggi e perché è esistito fin dai tempi antichi, ricollegandosi anche al mito delle amazzoni…
Oggi sappiamo che questa particolare malattia ha anche una sua predisposizione genetica e soprattutto che dipende in gran parte dalla regolazione degli zuccheri e dalla cosiddetta resistenza insulinica. Infatti, in molti casi, con una dieta personalizzata che controlli la glicazione e l’infiammazione (analizzabili attraverso specifici test come il PerMè), si riporta la donna che ne soffre al proprio fisiologico riequilibrio ormonale. Nel centro SMA in cui lavoro seguiamo da anni le ragazze e le donne che ne soffrono attraverso uno specifico percorso terapeutico.
Prima ancora che si capisse l’origine metabolica di questa sindrome, i farmaci (metformina) e gli integratori naturali (inositolo) che si sono usati per aiutare il riequilibrio ormonale di questo disturbo sono tutti farmaci o sostanze che servono proprio anche a regolare la sensibilità insulinica. L’uso dell’inositolo può accompagnare sempre ed efficacemente il trattamento nutrizionale.
Uno dei sintomi che spesso si manifestano con l’ovaio policistico è quello di avere dei cosiddetti “cicli anovulatori” accompagnati spesso da una irregolarità e dall’assenza del ciclo mestruale, che sembra fare le bizze presentandosi solo due o tre volte all’anno. In queste condizioni la fecondazione e la fertilità sono spesso difficili se non impossibili.
Nasce allora spontanea la domanda: Come è possibile che una condizione genetica che rende difficile la riproduzione sia costantemente presente anche oggi? Una predisposizione genetica per qualcosa che impedisce o rende difficile la riproduzione dovrebbe portare rapidamente alla sua scomparsa nel corso delle migliaia di anni della evoluzione. Invece la policistosi ovarica, con la sua resistenza insulinica, è presente anche oggi e ci aiuta a capire quanto sia importante per la conservazione della specie umana.
È una domanda che anche importanti ginecologi di riferimento, come i professori Enrico Ferrazzi e Paolo Levi Setti, hanno discusso pubblicamente, facendo notare che la sindrome della policistosi ovarica deve necessariamente nascondere un vantaggio evolutivo perché altrimenti nel giro di qualche millennio sarebbe dovuta progressivamente scomparire proprio a causa delle riduzione della fertilità.
Si tratta tra l’altro di una condizione che rimane molto presente nella popolazione ed è quindi tutt’altro che rara, coinvolgendo circa il 10% delle donne in età fertile. Tutti oggi sappiamo che in condizioni alimentari usuali, se improvvisamente una donna perde peso in modo rilevante può arrivare ad un blocco delle mestruazioni. Questo meccanismo è regolato da una condizione genetica che fin dall’antichità, di fronte ad una carestia (e la perdita di peso rilevante ne è una immagine), tende ad evitare la gravidanza come momento di sovraccarico per quel tipo di donna.
Ma ci sono alcune donne (sembra appunto almeno il 10%), che di fronte ad una riduzione dell’alimentazione, arrivando a regolare l’assunzione degli zuccheri e a modulare la resistenza insulinica, oltre che apparire più toniche e magre, fanno ripartire le mestruazioni e tornano fertili. Sono le nostre nonne e bisnonne che nel corso dei millenni hanno potuto aiutare la specie umana a progredire anche nei momenti di carestia, con condizioni fisiche di maggiore positività e di maggiore resistenza.
E la forza e la tonicità di queste donne, dotate di un corredo genetico spesso in grado di gestire una gravidanza anche in condizioni di ridotta nutrizione, è legata al mito delle amazzoni, descritte come donne guerriere molto abili e resistenti fin dalle narrazioni che Virgilio ne ha fatto nell’Eneide.
Probabilmente quindi, le donne con una policistosi ovarica e con questo tratto genetico riescono a riprodursi più facilmente nei momenti di carestia, che nella storia dell’uomo sono sempre stati maggiori rispetto ai periodi di abbondanza e non avendo gravidanze nei periodi di regolare assunzione alimentare avevano una maggiore possibilità di dedicarsi al combattimento.
Oggi, quindi, il modo migliore per prevenire e curare la policistosi ovarica è quello di seguire una dieta che controlli attentamente, in modo personalizzato, l’infiammazione dovuta agli zuccheri e agli alimenti, integrando in modo adeguato l’attività fisica e il movimento che devono diventare parte integrante della quotidianità per migliorare le resistenza insulinica.
Nel rispetto delle indicazioni date dalla Harvard Medical School è importante anche gestire una prima colazione abbondante, che rappresenti il pasto più importante della giornata, attraverso un corretto bilanciamento di carboidrati e proteine in ogni pasto, con l’utilizzo esclusivo di cereali integrali, evitando completamente zuccheri semplici e dolcificanti (tranne che nei giorni della settimana in cui sono concessi, come sempre indicano il Glyco Test e il test PerMè).
Anche queste semplici scelte personalizzate, nella nostra esperienza clinica, sono spesso già sufficienti per migliorare la situazione clinica generale e regolarizzare il ciclo mestruale. Per continuare ad essere donne sane, forti e in grado, quando serve, anche di combattere.