Più calcio nelle ossa, più alto il rischio di cancro del seno
La sorprendente notizia ci arriva dal Istituto Nazionale del Cancro americano. Il Journal of National Cancer Institute (2001 Jun 20; 93:930-6) ha evidenziato questo rischio e anche il Journal Watch dello scorso settembre ha ripreso la notizia confermandola; si tratta di una notizia “forte” che se da un lato invita le donne (e speriamo anche i loro medici) a una riflessione seria sugli eccessi delle diagnosi di osteoporosi e delle relative terapie, dall’altro segnala un rischio vero che non deve essere sottovalutato.
In realtà i primi dati su questo tipo di associazione risalgono ancora al 1998: contrastando con i farmaci l’osteoporosi può aumentare il rischio di cancro del seno!
Studi di poco precedenti a quello segnalato hanno chiarito che il rischio di cancro (oltretutto a uno stadio più avanzato e invasivo), è aumentato per esempio per le persone che hanno un osso più duro perché hanno preso estrogeni, ma non per chi ha un osso sano, avendo mantenuto un peso adeguato e svolto una adeguata attività fisica.
Eurosalus ha ampiamente dibattuto il problema della osteoporosi (leggi qui e leggi qui) e ritiene che a fronte di un numero limitato di donne che abbia veramente bisogno di farmaci per trattare efficacemente l’osteoporosi, esista un tentativo subdolo e dai costi sociali altissimi di far passare un falso bisogno di durezza dell’osso, per una popolazione che si vorrebbe raggiungesse il 90% delle donne in menopausa (studi sensati limitano questo bisogno al 12-15% della popolazione).
Questo atteggiamento, indubbiamente vantaggioso sul piano commerciale, non rispetta la normalità del mondo femminile.
Si tratta di un atteggiamento diffuso nel mondo sanitario, soprattutto quando si fa riferimento a farmaci efficaci, che non devono per forza diventare di uso “obbligato” per l’intera popolazione.
Per il problema del colesterolo e per le statine abbiamo già segnalato alcune simili perplessità (clicca qui).
Un simile atteggiamento porta semplicemente all’abuso di farmaci e alla finta immagine della medicina che “protegge” in questo caso le donne.
Non è con i farmaci che si vince l’osteoporosi ma con il movimento e una alimentazione adeguata.
E lo spazio destinato alla comunicazione su questi temi è risibile rispetto a quello proposto a livello politico, giornalistico, pubblicitario e sociale sull’uso invece dei nuovi preparati ogni giorno più costosi.
Il dramma della sanità italiana potrebbe essere quello della identificazione di patologie costose che si vogliono mettere sotto “tutela” dello stato per puri motivi economici anziché per migliorare le condizioni della gente.
Si apre un nuovo problema simile a quello delle statine.
Dipende anche da noi fare in modo che questo nuovo evento non passi sulle nostre teste.