Paese che vai, sanità che trovi
In una recente indagine svedese condotta dalla società di ricerca HCP sui servizi sanitari di 26 Paesi europei, l’Italia è risultata essere all’undicesimo posto. I giudizi? Si parla di servizi sanitari eccellenti, ma di tempi d’attesa troppo lunghi e, soprattutto, dello scarso coinvolgimento dei pazienti, tanto che l’atteggiamento dei medici italiani è stato definito “autocratico”.
Scopo della ricerca è quello di informare i responsabili delle politiche sanitarie dei 26 Paesi nella speranza che possano migliorare i propri servizi e, magari, prendere a esempio le buone idee e le “sane abitudini” dei vicini di casa (sapevate, ad esempio, che in Estonia è normale dialogare via e-mail con il proprio medico e che in Scandinavia si può essere risarciti nei casi di malasanità senza chiamare un avvocato?).
In questo quadro, può essere utile scoprire che, mentre negli Stati Uniti si sta diffondendo la moda “esclusiva” del medico semi-personale (Medical Doctor for Vip), in grado di garantire a pochi eletti reperibilità continua, visite in giornata e cartella sanitaria su cd-rom per la modica cifra di 1800 dollari l’anno, nel Regno Unito il Servizio Sanitario Nazionale (NHS) sta invitando le strutture ospedaliere pubbliche e private a farsi pubblicità per garantire maggiore informazione e possibilità di scelta ai pazienti.
La curiosa iniziativa, infatti, è una delle prime applicazioni di una nuova legge che dà diritto ai pazienti, che godono dell’assistenza sanitaria pubblica, di avere la libertà di scegliere tra almeno quattro diversi ospedali prima di essere ricoverati per un intervento o una terapia (nei casi non urgenti, naturalmente).
La guerra all’ultimo slogan è già partita, anche se la possibilità del paziente di scegliere la struttura pubblica o privata (purché rientri negli standard dei costi e della qualità stabiliti dalla legge) alla quale rivolgersi sarà in vigore a partire dal 2008. Che vinca il migliore.