Frattura di femore più facile per i vegetariani
La notizia è stata immediatamente ripresa da numerose testate nazionali per il notevole interesse di questo tema che riguarda sia l’osteoporosi sia le scelte vegetariane.
Mi riferisco ai risultati di una ricerca effettuata nel Regno Unito su circa 26.000 donne di età compresa tra i 35 e i 70 anni e seguite per oltre 20 anni e pubblicata su Biomed central BMC Medicine nell’agosto del 2022.
I ricercatori hanno diviso le donne seguite durante tutti quegli anni in 4 categorie distinte:
- Donne con regolari assunzioni di carne (più di 5 volte alla settimana)
- Donne con assunzione occasionale di carne
- Donne pescetariane (no carne sì pesce)
- Donne vegetariane senza assunzione né di pesce né di carne
Le donne vegetariane, nel corso degli anni di valutazione, hanno evidenziato il 33% in più di fratture del femore rispetto alle donne di tutte le altre tre categorie. Un dato preoccupante su cui vale la pena riflettere, anche perché la ricerca ha spiegato che non c’era nessun tipo di interferenza, su questo risultato, da parte di un eventuale sovrappeso o di una alterazione dell’indice di massa corporea (BMI).
Piuttosto che darne una chiave di lettura ideologica (del tipo “meglio gli uni degli altri”), discuto gli elementi utili ad una comprensione dei motivi che possono portare a questo risultato.
Innanzitutto è bene sapere che la maggior parte dei vegetariani che incontriamo nel centro SMA in cui lavoro, insieme al team medico e al team di nutrizionisti, non raggiungono quasi mai la quota di proteine giornaliere indicate per mantenere la salute e per aiutare le proprie ossa e i propri muscoli a mantenersi sani.
È come se la cultura vegetariana tendesse a ridurre le necessità proteiche dell’individuo, come se il rifiuto delle carni, ricche di proteine, dovesse coinvolgere anche il rifiuto delle molte proteine vegetali o delle proteine animali concesse (latte, pesce, uova a seconda delle scelte).
Questo tipo di scelta porta a due conseguenze:
- Riduzione dell’assunzione proteica minima giornaliera (0,86 g per chilo di peso corporeo, che diventa 1,2 g dopo i 60 anni)
- Riduzione della varietà alimentare con facile ripetitività nell’assunzione di alimenti “consentiti”
Le tre forme di infiammazione correlate al cibo. Una evoluzione scientifica che coinvolge tutti
La varietà alimentare è una scelta utile e necessaria ad evitare la produzione di BAFF (citochina legata alla infiammazione da cibo), che si può valutare attraverso il test PerMè o attraverso il Recaller 2.0 per identificare poi una personalizzazione alimentare. Un BAFF elevato facilita l’osteoporosi e la frattura del femore.
L’infiammazione da cibo e la produzione di BAFF sono tra gli elementi che possono stimolare l’attivazione degli osteoclasti, cioè di quelle cellule che “sciolgono” l’osso anziché rafforzarlo, come descritto e pubblicato su Bone già nel 2011 da un gruppo di ricercatori dell’Università inglese di Oxford (Hemingway F et al, Bone. 2011 Apr 1;48(4):938-44. doi: 10.1016/j.bone.2010.12.023. Epub 2010 Dec 28).
Anche chi mangia molti latticini, ad esempio, ha una ripetizione alimentare continua e facilmente sviluppa una infiammazione dell’intestino che riduce l’assorbimento di minerali e vitamine importanti per la sintesi ossea, anche se il calcio è introdotto in grande quantità. Lo stesso vale per l’infiammazione da eccesso di soia o di glutine o di sostanze fermentate (come avviene per molti vegani che usano proteine del glutine o della soia quasi sempre fermentate).
Inoltre, chi mangia meno proteine del giusto assume una dominanza relativa di carboidrati che facilitano la glicazione, con tutto il corredo infiammatorio e ormonale che ne deriva.
Quindi non si tratta di condannare una ideologia alimentare piuttosto che un’altra. Si tratta di capire quali sono i bisogni individuali, fare scelte ecologiche e di sostenibilità nel rispetto dei propri bisogni. La assunzione di proteine vegetali o non carnee è possibile e necessaria per sostenere contemporaneamente la salute dell’osso e del muscolo e prevenire le fratture di femore.
Lo schema nutrizionale più adatto è quello che controlla l’infiammazione indotta dal cibo e moduli l’assunzione degli alimenti definiti dal Profilo Alimentare Individuale. Di solito uno schema che lasci metà settimana di libertà e metà settimana di controllo è quello preferito sia per gli effetti ottenuti sia per la ampia libertà fruibile nel piano nutrizionale della settimana.
Obbligatorio il corretto bilanciamento in ogni piatto di carboidrati e proteine in modo da mantenere il miglior stimolo metabolico e la migliore azione di supporto ormonale indotta dall’alimentazione.
Minerali e vitamina sono indicati. Noi suggeriamo sempre un multiminerale (ad esempio Oximix Multi+, 1 capsula al giorno a lungo) e un apporto adeguato di Vitamina D3 (1000 UI al dì e 2000 UI nei mesi invernali o privi di luce). Di solito se la Vitamina D3 è in equilibrio sospendiamo la somministrazione durante i mesi estivi.