Orticaria e alimentazione: esiste un legame?

18 Aprile 2024
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L’orticaria per definizione è una reazione che interessa la pelle, caratterizzata o da piccoli puntini spesso pruriginosi o da chiazze rosse di varie dimensioni. 

Si può manifestare anche dopo sforzi fisici intensi, dopo alcune infezioni virali o batteriche, in corso di parassitosi intestinale o dopo le punture d’insetto.  

Le reazioni che si manifestano a livello della pelle possono comparire in qualsiasi parte del corpo, possono migrare e a volte regrediscono del tutto per ricomparire in altre zone. 

Ogni corpo manifesta segni clinici differenti e sicuramente è necessario il supporto medico per capire come agire nel concreto. 

Tuttavia, è da tener presente che le reazioni che avvengono sulla pelle, tra cui anche l’orticaria, sono spesso legate a un’infiammazione sistemica dell’organismo che possiamo modificare. 

Alcune abitudini alimentari errate possono essere la causa di un'infiammazione sistemica che può portare a molteplici sintomi, tra cui anche l'orticaria.

Spesso, infatti, la terapia d’urto in caso di orticaria è il ricorso ad antistaminici e farmaci che nell’immediato possono migliorare il sintomo, ma alla lunga possono non funzionare qualora la causa sia effettivamente un’infiammazione sistemica di basso grado. 

La letteratura scientifica per anni ha approfondito il nesso tra orticaria e alimentazione e certamente molte riviste scientifiche hanno concordato che non è assolutamente consigliato evitare drasticamente alcuni alimenti, erroneamente considerati dannosi per la pelle.

Molti studi scientifici, anche recenti, hanno infatti confermato che l’esclusione di alcuni alimenti sembra non aver effetto sul miglioramento della pelle, anche in caso di orticaria. 

Sovente, l’orticaria viene associata alla ripresa del consumo di fragole nella stagione primaverile, perché considerate “allergizzanti”, o al consumo di crostacei e molluschi, ad esempio i gamberetti.

Quando si hanno i primi sintomi, spesso quindi si tende a togliere inutilmente questi alimenti con scarsi risultati, passando a dare la colpa ad altri alimenti.

Così facendo, si eliminano progressivamente molti alimenti e spesso mi ritrovo, nel centro SMA in cui lavoro, a dover fare i conti con pazienti che ormai hanno eliminato moltissime categorie alimentari e si ritrovano a mangiare solo riso e pollo perché innocui.

Prima di eliminare un determinato alimento è molto importante affidarsi a un professionista del settore che sappia guidare il paziente ad evitare eliminazioni inutili utilizzando invece strategie più adatte.

Lo studio dell’infiammazione da cibo, che quindi può giocare un ruolo preponderante in questo tipo di patologie, è fondamentale per far tornare il corpo nella condizione di funzionare correttamente e quindi migliorare il decorso della pelle.

Migliorare l’infiammazione generale del corpo significa anche intervenire sui processi infiammatori intestinali che impediscono l’assorbimento di minerali e vitamine, ma anche proteine, che sono fondamentali per la corretta funzione della pelle e il suo trofismo.

L’infiammazione da cibo può essere determinata da diversi fattori:

Per tutti questi motivi il cambiamento di alcune semplici abitudini alimentari può fare la differenza in termini di infiammazione e quindi migliorare la salute della pelle. 

L’esecuzione di un test PerMè diventa quindi uno strumento valido ed efficace che aiuta a comprendere se vi è un eccesso di zuccheri semplici o di specifici alimenti misurando l’infiammazione dell’organismo e dando informazioni precise e personalizzate su come modificare alcuni aspetti della propria dieta per ridurre l’infiammazione e migliorare il sintomo.

Si arriva quindi alla conclusione che nessun cibo è nemico, ma la ripetitività e l’abuso di certi alimenti possono concorrere a determinare certe condizioni cliniche e ad acutizzarle. La varietà quindi anche questa volta, risulta essenziale per ritrovare nel cibo un ottimo alleato.