OGM: salvate il parmigiano!
Nonostante il gran numero di agricoltori e imprese italiane che ha scelto di dire no agli organismi geneticamente modificati e ha siglato il manifesto della coalizione Liberi da Ogm, di recente è stato appurato che le mucche del Consorzio del Parmigiano Reggiano mangiano praticamente ogni giorno la soia Ogm della Monsanto. In questo modo, per la prima volta nella storia, la filiera di produzione di uno dei prodotti italiani più apprezzati al mondo è stata alterata. Roberto Burdese, il portavoce di Liberi da Ogm, ha sollevato il problema in sede di Commissione Europea e ha spiegato così la gravità del problema:
«È necessario ribadire con forza che gli Ogm non sono la soluzione alla crisi alimentare: questo ci insegnano la nostra esperienza e la nostra pratica quotidiana di lavoro. E questo ci insegna, tra le altre cose, anche l’analisi di alcuni dati: Monsanto, uno dei principali produttori di sementi geneticamente modificate, l’anno scorso ha visto salire il proprio utile netto del 44% e nel primo trimestre 2008 gli utili sono addirittura raddoppiati rispetto allo stesso periodo del 2007»
In altre parole l’attuale crisi alimentare, arrivata a una fase molto critica a causa dell’impennata dei prezzi delle principali materie prime agricole, sembra essere in realtà strettamente collegata all’aumento dei profitti delle grandi multinazionali che propongono gli Ogm come soluzione del problema. Più che i risolutori, insomma, potrebbero essere loro stessi i veri beneficiari di una situazione che sta mettendo in gravi difficoltà miliardi di persone in tutto il pianeta. Questa ipotesi inquietante si aggiunge al fatto che comunque è stato appurato che per l’Italia e per l’Europa, in particolare, gli Ogm non sono una soluzione perchè la produzione agricola continentale riesce ancora a essere competitiva. E questo grazie proprio a quelle caratteristiche di tipicità e qualità che in questo momento sono in pericolo.
Per gli intenditori, Slowfood in testa, il caso del Parmigiano Reggiano è più che mai emblematico: qui sono in gioco la genuinità e la qualità dei prodotti tipici italiani.
Difenderlo è ancora possibile: basta scrivere subito al Consorzio il messaggio che Greenpeace ha preparato per chiedere una modifica immediata dell’attuale regolamento di produzione.