Mangiato troppi grassi nelle vacanze di Natale? Tranquilli, il rischio ictus non vi riguarda
È stato più volte evidenziato che esiste una relazione tra la quantità e il tipo dei grassi alimentari assunti e il rischio di patologie cardiovascolari. Ma aumentando i grassi aumenta anche il rischio ictus? Se lo è chiesto un gruppo di ricercatori statunitensi, che ne ha ricavato una risposta negativa.
Lo studio (He K et al, Dietary fat intake and risk of stroke in male US healthcare professionals: 14 year prospective cohort study, BMJ, 2003 Oct 4; 327:777-81) ha preso in esame per un periodo di 14 anni più di 43.000 cittadini americani di età compresa tra i 40 e i 75 anni (al momento dell’inizio), senza patologie cardiovascolari o diabetiche. E non ha rilevato nessuna relazione tra i grassi alimentari assunti e il rischio di ictus. Non solo in termini di quantità, ma nemmeno in base alla qualità.
Questo dato può essere letto in modo duplice. Da una parte ci conferma che ai grassi alimentari, da tempo letteralmente demonizzati dal mondo medico, viene oggi restituita a poco a poco la dignità che meritano (su questo argomento usciranno presto nuovi articoli sul nostro sito, a completamento dei molti articoli già pubblicati. E ci fa tornare a riflettere sull’importanza, in particolare, di alcuni grassi, a partire dagli oli di pesce (come DHA ed EPA), e di un rapporto equilibrato tra grassi, proteine e carboidrati per la modulazione di una serie di funzioni di primaria importanza.
Dall’altra, questo studio demolisce l’idea collettiva che una persona che assume molti grassi, per esempio rimpinzandosi di maionese, debba poi essere facile preda di un coccolone (nel gergo italiano, il tipico “coccolone” non distingue l’attacco cardiaco da quello cerebrale… ma il metabolismo dei grassi lo fa! Così, come distingue perfettamente certi grassi salutari da altri che lo sono molto meno).
Per le patologie cardiovascolari il rischio c’è solo per le persone sotto i 65 anni. Infatti, come già illustrato in un articolo pubblicato in precedenza, sopra i 70 anni non c’è più alcun tipo di connessione tra livello di colesterolo e malattia cardiovascolare.
Per l’ictus anche, e lo sappiamo adesso.
Il dato esposto ci spinge dunque a guardare le sostanze grasse con un occhio molto più ampio e “morbido”. Talvolta, infatti, perfino il beneficio per il cuore può derivare proprio da alcuni tipi di grasso (vedi ad esempio il 45% in meno di morti improvvise e il 21% in meno di mortalità cardiovascolare generale che lo studio GISSI ha dimostrato con integrazioni di DHA ed EPA), un dato che deve indurci a riflettere sulla necessità di un equilibrio più globale, che non demonizzi mai nessun tipo di cibo ma lo consideri invece sempre all’interno di una visione integrata dell’alimentazione, nella quale non venga trascurato nessun aspetto.