Medicine complementari: una crescita globale
Poche settimane fa, in un’intervista con Paolo Roberti di Sarsina, abbiamo avuto modo di esaminare quanto il ricorso alle medicine complementari sia, in Italia, aumentato corposamente nell’arco di pochi anni. Il trend non è solo nazionale: uno studio apparso recentemente su The Ochsner Journal rivela come in dieci diversi paesi (tra cui, oltre alla stessa Italia, figurano Austria, Svizzera, Germania, Danimarca, Gran Bretagna, USA e Corea del Sud) si sia registrato tra il 1990 e il 2006 un incremento dell’uso di medicine complementari (Ochsner J, 2012, 12, (1), 45).
La Germania, in particolare, spicca per un tasso di crescita che ha segnato nel 1997 un 28% di diffusione dell’uso nella popolazione e, nel 2002, di un 34%. Omeopatia e agopuntura sono le preferite nei paesi di lingua tedesca, che guardano anche con frequenza a chiropratica e fitoterapia. Coloro che vi ricorrono sono soprattutto donne; a livello generale, il profilo dell’utente medio individua una persona di mezza età, istruito e soprattutto consapevole della propria scelta. Nella maggior parte dei paesi, infatti, le medicine complementari non sono convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale né coperte da assicurazione. Ciò significa che coloro i quali le scelgono lo fanno perché convinti di quanto i benefici superino i costi. Il 63% dei medici ha dichiarato che ad aver avviato la discussione su vantaggi e rischi della terapia complementare sono stati i pazienti.
Un altro punto interessante dello studio – condotto da un gruppo di studiosi coordinati da Michael Frass – riguarda i proprio medici intervistati, molti dei quali non hanno seguito specifici corsi di formazione ma ritengono che le MC debbano essere materia di insegnamento nelle università (ospedalieri 60%, medici del territorio 75%, studenti in medicina 84%).
Sempre dal rapporto tra medico e paziente emerge un dato su cui va avviata una riflessione profonda, e riguarda i motivi per i quali in sede di colloquio non si affrontano temi legati alle MC. Lo studio rileva come sia il medico sia il paziente credano vicendevolmente che non vi sia interesse a terapie di quel tipo.
E’ invece uno specifico fenomeno italiano, di cui il Corriere della Sera ha dato notizia pochi giorni fa, l’aumento dell’uso delle medicine complementari in pediatria. A prescriverle è un medico su quattro, secondo uno studio effettuato dalla Società Italiana di Pediatria attraverso un questionario inviato a oltre 1200 pediatri (ospedalieri, convenzionati Asl, liberi professionist, universitari e specialisti ambulatoriali). Del 23% che usa le MC, 8 su 10 le prescrivono integrandole con i farmaci tradizionali, e sempre nella stessa percentuale ritengono che l’efficacia sia concreta e abbia migliorato la vita del piccolo paziente.
E’ molto frequente che sia il genitore a chiedere al medico la prescrizione, convinto che sia un trattamento più sicuro. Come reagisce il pediatra? Secondo lo studio, il 25% non si oppone. Resta però un 35% che non esprime parere per insufficiente conoscenza del tema, e soprattutto un 40% che insiste sulla loro inefficacia. Percentuali importanti, queste ultime; segno di una distanza tra il trend sociale diffuso e la pratica medica (e non solo quella espressa dal Ministero della Salute). Una distanza sulla quale è doveroso lavorare.