Un tic è solo un segnale
Pochi giorni fa è uscito sul Corriere un articolo che tratta della gestione dei tic nel bambino e spiega la modalità di trattamento cognitivo comportamentale messa in atto dalla Fondazione IRCCS Don Gnocchi Santa Maria Nascente di Milano.
Per certi versi, la terapia proposta ha tratti interessanti in quanto sposta l’attenzione dal solo tratto psicologico, analizzando per lo più lo sviluppo neurocognitivo. L’obbiettivo è la “guarigione del soggetto dal tic”, attraverso una consapevolizzazione del soggetto e una serie di esercizi motori differenti.
Il tic in quanto tale non è però altro che la manifestazione visibile di quella che è detta “premonitory urge”, fondamentalmente una percepita urgenza, un senso di disagio che porta in definitiva (per fortuna) al tic. Come evidenziato pochi mesi fa, il tic fa sì che sia rilasciata in circolo dopamina rappresentando la soluzione almeno parziale al problema e non il problema stesso.
È stato evidenziato in ottobre, ad esempio come la soppressione del tic non dia risultati duratori e anzi torni solitamente alla sua completa espressione qualora non si agisca sull’ambiente da cui viene la percepita urgenza: come spesso si dice in medicina, bisogna agire sulla causa del problema, non sul sintomo, per risolverlo veramente.
Un altro elemento interessante è quello espresso dal college di medicina della Yang-Ming University di Taipei, in Taiwan. Lo studio condotto ha evidenziato una fortissima correlazione tra la presenza di tic, allergia, disturbo del deficit di attenzione e disordine dell’iperattività.
Poiché è ben nota l’origine infiammatoria e la profonda correlazione con lo stile di vita e la dieta di tali problematiche correlate, è possibile ipotizzare un trattamento che miri al controllo della premonitory urge attraverso il controllo di queste stesse variabili. È infatti noto come elementi quali l’assenza di una prima colazione fatta in maniera completa e sensata faccia vedere tutto più nero predisponendo non solo a elementi depressivi anche importanti, ma anche ad una angoscia globale e spesso incompresa anche dal singolo.
Sembrerebbe proprio che la gestione di tale sintomatologia richieda l’intervento di un esperto di trattamento del benessere globale dell’individuo, e che la risoluzione, come spesso accade, voglia partire dalle scelte quotidiane di chi sia interessato.