La mammografia, un’indagine controversa
È stata oggetto di un acceso dibattito, nell’ultimo anno, la validità della mammografia, non tanto come strumento per la diagnosi precoce del tumore al seno, quanto come pratica di screening sulla popolazione femminile.
Allo stato attuale, lo screening sulle donne oltre i 50 anni sembra dare discreti risultati nella pratica, mentre del tutto inutile, e spesso fonte di trattamenti inutilmente aggressivi, si è rivelato per le donne di età inferiore. c
Come si legge nel sito internet dell’FDA americano, «la mammografia come strumento di indagine di massa individua le lesioni benigne insieme a quelle più pericolose, e le rileva quando hanno dimensioni più ridotte di quelle individuabili con qualunque altro mezzo. Per questo è associata a un numero più elevato di test diagnostici, di interventi chirurgici o radioterapici e a livelli maggiori di ansia. Alcune delle lesioni individuate non diventerebbero mai significative dal punto di vista clinico, per cui la loro diagnosi e il loro trattamento costituisce un eccesso diagnostico e terapeutico».
D’altra parte lo screening mammografico, non essendo sempre in grado di individuare la presenza di un tumore in donne con un tessuto opaco ai raggi X, o di un tumore a crescita rapida può generare false certezze.
Rispetto alle tecniche di diagnosi basate sull’uso di radiazioni ionizzanti, quale per esempio la mammografia, ci sembra opportuno innanzi tutto suggerire qualche cautela.
Se è vero che l’esposizione dovuta ai test diagnostici rappresenta un beneficio maggiore del danno quando la diagnosi è necessaria, i possibili danni non risultano statisticamente compensati quando invece l’indagine è inutile.
Per limitare i rischi, compresi quelli indotti dall’effetto cumulativo della esposizione alle radiazioni, quindi, crediamo che debba essere la storia clinica della paziente, più che l’offerta del sistema sanitario, a suggerire il ricorso a un’indagine come la mammografia.
La mammografia è sicuramente un utile strumento di verifica e controllo, a qualunque età, quando è il proprio medico a richiederlo sulla base di sospetti emersi dalla visita senologica, da riscontri ecografici (tanto più innocui della mammografia, anche se meno sensibili e quindi meno efficaci, da soli, sul piano della predittività), dall’autopalpazione e dall’eventuale presenza di fattori di rischio per il tumore del seno.
Nei programmi di screening, come in altri interventi sanitari ad ampio raggio, siamo convinti che vada innanzi tutto valorizzato il ruolo dell’informazione agli utenti, per esempio attraverso una presentazione realistica dei pro e dei contro, e quindi l’adesione consapevole dei cittadini, che richiede ovviamente uno spazio maggiore per le rinunce e un maggiore rispetto delle opzioni psicologiche e culturali che possono portare a quella rinuncia.
Lo screening, inoltre, ha più probabilità di essere efficace quando è mirato su probabili fattori di rischio.
I fattori di rischio per il tumore del seno:
- Età superiore ai 50 anni
- Famigliarità (altri casi di tumore in famiglia, del seno e non)
- Fattori ormonali quali: menarca precoce, menopausa tardiva, primo parto in età avanzata o nessun parto.
Vale tuttavia la pena di tenere presente, come segnala l’American College of Preventive Medicine, che la maggioranza di donne con un tumore al seno non presenta alcun fattore di rischio.
Fattori di rischio, patogenesi, prognosi e decorso della malattia sono inoltre significativamente diversi a seconda che il cancro si presenti prima o dopo la menopausa.
La nostra posizione in fatto di prevenzione tende, come in altri casi, a privilegiare gli interventi di sostegno alle difese individuali (prevenzione primaria), ovviamente associati agli opportuni strumenti per la diagnosi precoce che si rendano via via necessari.
Le politiche sanitarie in materia mostrano probabilmente il loro limite nell’ipervalutazione degli strumenti tecnologici per la diagnosi precoce (designati dalla terminologia ufficiale come ‘prevenzione secondaria’) – non di rado fonte di ansia e di falsi positivi – rispetto all’uso di interventi semplici ma concretamente efficaci, quali l’approccio dietetico.
Mantenere il sistema immunitario in efficienza continua a essere lo strumento indispensabile nonché l’arma vincente per una vera prevenzione antitumorale.
Tra i fattori di prevenzione più attivi ed efficaci, è sempre opportuno ricordare:
- l’alimentazione, corretta e varia, ma soprattutto ricca di vegetali;
- l’attività fisica;
- il controllo dello stress, la ricerca della felicità, la capacità di cambiare ma anche di accettare i propri limiti, l’atteggiamento positivo nei confronti della vita;
- l’uso attento dei farmaci e delle opzioni terapeutiche;
- il supporto degli integratori minerali e vitaminici più utili.