Estratto di iperico e reazioni solari: due pesi e due misure
Nella valutazione dell’interazione tra farmaci e sostanze fitoterapiche i rischi rappresentati da queste ultime vengono sempre messi in risalto quando toccano interessi consolidati.
È il caso dell’iperico, un eccellente rimedio fitoterapico che ha dato risultati sorprendenti in numerosi studi. Tuttavia viene spontaneo chiedersi: come mai gli stessi rischi non vengono segnalati per sostanze di uso più comune?
È ormai documentato come molte sostanze fitoterapiche e alimentari esercitino un’azione importante nei confronti del meccanismo d’azione dei farmaci. Ma a livello divulgativo, viene segnalata solamente l’interazione esercitata da farmaci naturali molto utilizzati e sicuramente “fastidiosi” per alcune case farmaceutiche.
In particolare vogliamo parlare dell’iperico (Erba di San Giovanni o St. John’s Wort in inglese), una pianta la cui importante azione di riequilibrio sul tono dell’umore è stata ampiamente studiata dal mondo scientifico e che ha ormai raggiunto una discreta popolarità nel pubblico.
Pur non essendo in grado di sostituire gli antidepressivi più importanti, ha dimostrato di avere una buona azione detensiva e di dare un sostegno efficace al tono dell’umore generale, tanto che io personalmente la definisco come una pianta “adattogena”, cioè una sostanza che riesce a migliorare l’adattabilità delle persone al mondo circostante.
Eppure, in caso di terapie con altri farmaci, l’iperico viene spesso e volentieri dichiarato pericoloso e quindi da eliminare.
I rischi reali, secondo le ricerche
Un dato uscito sul Journal Watch del 21 ottobre 2003 (fonte: Markowitz JS et al. Effect of St John’s wort on drug metabolism by induction of cytochrome P450 3A4 enzyme. JAMA 2003 Sep 17; 290:1500-4) mette in luce un’interazione dell’iperico con il citocromo P450, per lo meno col sottosistema 3A4, che è quello a cui fa effettivamente riferimento gran parte dei farmaci utilizzati nella terapia clinica.
In questo studio si dimostra che effettivamente l’iperico arriva a interagire/interferire con il metabolismo, favorendo l’eliminazione di un farmaco come l’alprazolam, cioè uno dei tranquillanti più utilizzati in terapia.
Questo tipo di indicazione può essere associato con quanto detto in altri articoli, per esempio il lavoro canadese (Bailey DG et al. Bergamottin, lime juice, and red wine as inhibitors of cytochrome P450 3A4 activity: comparison with grapefruit juice. Clin Pharmacol Ther. 2003 Jun; 73(6):529-37) in cui questa stessa azione sul citocromo P450 è stata verificata anche per il succo di pompelmo e per altre sostanze come la bergamottina, il succo di lime e il vino rosso. Lo studio ha infatti illustrato come effettivamente tutte queste sostanze siano degli inibitori del citocromo citato.
Studi di questo tipo sono estremamente interessanti in quanto evidenziano come anche sostanze molto comuni possano interferire con il metabolismo di certi farmaci.
Un altro lavoro, uscito sempre nell’agosto del 2003 (Greenblatt DJ et al. Time course of recovery of cytochrome P450 3A function after single doses of grapefruit juice. Clin Pharmacol Ther 2003 Aug; 74(2):121-9) arriva addirittura a segnalare come, dopo aver assunto una singola dose di succo di pompelmo, sia necessario aspettare un paio di giorni per poter assumere dei farmaci senza interferenze. Eppure, fino ad oggi, nessuno era riuscito a identificare un’azione negativa del succo di pompelmo nella vita delle persone: semmai il contrario.
Si tratta quindi di un articolo importante, che richiama i risultati di un altro articolo su un lavoro giapponese (Fujita K et al. Inhibitory effects of citrus fruits on cytochrome P450 3A (CYP3A) activity in humans. Biol Pharm Bull 2003 Sep; 26(9):1371-3) che ha illustrato come probabilmente tutti gli agrumi presenti in Giappone, descritti nell’articolo in maniera minuziosa, abbiano tutti – in varia misura – una possibile azione di inibizione del citocromo citato.
Eppure gli agrumi vengono usati e consigliati proprio per la presenza dei bioflavonoidi antiossidanti di cui sono ricchi, sostanze delle quali è dimostrata l’azione estremamente positiva per la vitalità e il benessere, e che vengono infatti utilizzate in ambito clinico in modo assai ampio.
Già dal 1998 tuttavia questi dati erano già noti, grazie a un altro lavoro (Chan WK et al. Mechanism-based inactivation of human cytochrome P450 3A by grapefruit juice and red wine. Life Sci 1998;62(10):PL 135-42) in cui veniva evidenziato che sia il vino rosso (ma non il bianco) sia il succo di pompelmo comportano un’inibizione di questo citocromo.
In sintesi, il rischio reale presentato dalle sostanze citate, sarebbe quello di inibire l’azione di alcuni farmaci e di accelerarne l’eliminazione dall’organismo.
Certamente un rischio del quale il medico deve tener conto quando prescrive un farmaco “salvavita”, in modo da prescrivere il giusto dosaggio ed eventualmente da suggerire al paziente l’astensione da determinate sostanze alimentari o fitoterapiche.
Il “doppio standard” delle case farmaceutiche
A fronte di tutto questo, le case farmaceutiche utilizzano una doppia modalità: da un lato, in tutti i prodotti utilizzati da vaste fasce di popolazione (quali la pillola anticoncezionale e i tranquillanti di uso più comune) viene indicato che non vanno assolutamente utilizzati in concomitanza con l’iperico; dall’altro, non si fa cenno al fatto che altre sostanze di uso comune comportano un’analoga inibizione dell’azione dei farmaci (e tra questi appunto numerosi agrumi, il succo di pompelmo, il vino rosso…).
Secondo alcuni maligni, l’utilità dell’iperico (e degli altri prodotti esaminati qui) sarebbe proprio quella di inibire l’azione di alcuni di questi farmaci, ma anche senza voler essere così “cattivi”, possiamo affermare che, di fatto, l’azione d’equilibrio sull’azione farmacologica nell’organismo è molto più ampia di quello che può dipendere dal citocromo P450.
Lo testimonia ancora un altro articolo, pubblicato su Science (Hall SS. In vino vitalis? Compounds activate life-extending genes. Science 2003 Aug 29; 301:1165), nel quale si legge che il vino rosso, uno dei più potenti inibitori del citocromo P450, addirittura migliora la qualità e l’aspettativa di vita fornita, ad esempio, dal lievito di birra (Howitz KT et al. Small molecule activators of sirtuins extend Saccharomyces cerevisiae lifespan. Nature 2003 Sep 11; 425:191-6) così come da altri integratori con una valenza antiossidante.
Si tratta allora di una duplice realtà che è molto importante da tener presente. Da un lato abbiamo (da parte delle case farmaceutiche) comunicazioni che spingono a evitare alcuni farmaci tra i più attivi del mondo naturale. Dall’altro informazioni assai meno divulgate che ci dicono che, se il rischio di interferenza è reale ed elevato, è necessario estenderlo anche a sostanze alimentari (come il succo di pompelmo) nel momento in cui si assumano farmaci veramente indispensabili e potenzialmente salvavita.
Una contraddizione tanto palese dà facilmente adito al sospetto che la limitazione delle controindicazioni ai prodotti “concorrenti” nei foglietti illustrativi dei farmaci risponda più a criteri commerciali che alla dichiarata difesa del benessere del pubblico.
Farmaci e vita quotidiana
Può darsi che ci tocchi evitare accuratamente tanto l’iperico quanto il succo di pompelmo, è importante ricordare che, nella quotidianità, l’utilizzo di queste sostanze con un elevato contenuto di antiossidanti può essere assai benefico per la nostra salute.
Personalmente, nella mia pratica clinica, preferisco in molti casi usare un dosaggio adeguato di iperico – anche se potenzialmente conflittuale nei confronti di altri farmaci impiegati – per migliorare l’adattabilità della persona. In questo modo, agendo su settori differenti, riesco spesso a ottenere una guarigione più pronta e più durevole.
Per concludere, voglio sottolineare come il fatto di essere a conoscenza dell’esistenza di questo meccanismo ci possa aiutare a monitorare l’effetto degli altri farmaci assunti.
D’altra parte, questo tipo di conoscenze non dovrebbe mai diventare un ostacolo verso il ritorno a modalità più naturali di terapia e di vita che ci consentano di riconoscere, anche in un buon bicchiere di vino rosso o in una spremuta di agrumi, il benessere che è possibile ricavarne.
I farmaci, indispensabili purtroppo in alcune occasioni, non possono certo diventare il parametro chiave per l’assunzione di ciò che può portare piacere e benessere nella nostra esistenza.