Dermatite atopica: il rischio di stare bene
Il Progetto Olistico in Dermatologia entra nella seconda fase: forte dei successi ottenuti nel trattamento della psoriasi, la metodica si estende e si replica nella seconda patologia cutanea più diffusa: la dermatite atopica, che colpisce milioni di individui fin dalla primissima infanzia, con episodi che a volte persistono fino a tarda età.
Un bambino che si gratta e si ferisce viso e braccia fino a farle sanguinare è uno degli spettacoli più allarmanti sia per i genitori sia per noi dermatologi, in grado di preoccupare ed esasperare noi adulti fino al punto di accettare compromessi salutistici “disperati e pericolosi” pur di interrompere quel circolo vizioso eczema-prurito-grattamento-infezione-nuovo eczema.
Nei manuali di dermatologia le foto più impressionanti sono i volti di questi bambini affetti da dermatite (o eczema) atopico, rese ancora più strazianti dalla tenerissima età dei pazienti. Una cosa però che colpisce l’attento osservatore è l’assoluta tranquillità negli occhi di pazienti che ci guardano stupiti quasi a chiedersi il motivo di tante nostre preoccupazioni.
Ci troviamo di fronte, come nella psoriasi, a una dermatite più impressionante che grave, una specie di maschera da drago cinese con occhi di bambino. Differenti sono le interpretazioni psicosomatiche sia della dermatite atopica sia delle patologie respiratorie e allergiche riferite, ma oggi vorrei parlare del loro trattamento farmacologico.
È davvero “curioso” il fatto che anche qui, come nella psoriasi e nell’acne (che sarà la prossima fase del Progetto Olistico) vengano impiegati da diversi anni farmaci pericolosi e dannosi sia localmente che per via sistemica con la leggerezza di chi spara alle mosche con un cannone, vantandone l’efficacia e nascondendone i postumi.
Stiamo assistendo a un paradosso salutistico che ci spinge da un lato a eliminare i derivati degli idrocarburi (paraffina o vaselina che dir si voglia) dalle creme cosmetiche per il sospetto della loro cancerogenicità, mentre dall’altro non ci si preoccupa di spalmare sulle piaghe di neonati creme che hanno prodotto tumori cutanei e leucemia ai poveri malcapitati che hanno avuto la fortuna di provare sulla loro pelle questi farmaci veramente efficaci e innovativi (fin troppo – oserei dire – proprio come il cannone per le mosche).
Pare che il business farmacologico stia puntando sulla pelle, visto il sempre maggiore interesse che l’aspetto riveste nella nostra società moderna, promettendo guarigioni miracolose rapide ed efficaci, ma con un prezzo da pagare non sempre chiaro.
I farmaci proposti come cura per psoriasi, acne ed eczema atopico, infatti, quando non sono teratogeni (in grado cioè di creare malformazioni fetali) agiscono sul sistema immunitario sopprimendolo: immaginate cosa succede a uno stato senza esercito né polizia e capirete quali sono i rischi dell’immunosoppressione in medicina. Basterebbe, infatti, leggere la lunga lista degli effetti indesiderati di queste molecole per chiedersi se veramente ne valga la pena, ma brillanti operazioni marketing riescono a “piazzare” queste mine a orologeria, senza farci preoccupare degli esiti postumi.
Il 19 gennaio 2006 l’FDA (L’ente americano che vigila sulla sicurezza di farmaci e alimenti), dopo avere registrato 19 casi di cancro di cui 7 nella sede di applicazione, ha deciso di limitarne l’uso, proibendolo nei primi due anni di vita e limitandolo a “brevi periodi”. Subito dopo si è mosso l’ente europeo EMEA, limitandosi a consigliarne un uso attento!!!
Fantastico, ragionando così mi chiedo a cosa serva fare ricerca sul cancro: se sappiamo cosa certamente produce il cancro, perché spalmarlo sulla pelle? Anche se sappiamo che la cocaina fa male, perché non proibirla solo ai bambini e consentirla “per brevi periodi”.
Esiste una soglia sotto la quale i farmaci cancerogeni sono sicuri? Esiste una soglia al di sotto della quale la violenza non fa male, anzi fa bene? Possiamo assumere fino a 0,00X mg di atrazina al giorno o 0,00Y mg di catrame, ma se a fine giornata facciamo la somma di tutte le sostanze cancerogene introdotte, respirate, assorbite, consapevoli o no, come risponde il nostro organismo?
Siamo tranquilli se solo un caso su mille produce tumori o leucemia? Su milioni di persone al mondo che utilizzano un prodotto, i casi diventano decine, col tempo centinaia. È un prezzo giusto per non grattarsi più?
Finché ragioneremo a compartimenti stagni, il cancro vincerà. Finché la medicina sopprimerà la malattia, creando altri danni, non vi sarà guarigione.
Se però, qualche mente illuminata volesse pensare a sé e ai propri figli considerando l’eczema atopico come un sintomo e curarlo senza cannonate, qui allo SMA gli spiegheremmo che il sistema immunitario del bambino atopico non è malato, ma solo immaturo, come la sua “barriera cutanea” e che entrambi, come un colabrodo, fanno acqua.
Noi dermatologi lo sappiamo bene e lo possiamo facilmente misurare: si chiama TEWL ed è la misura della perdita d’acqua trans epidermica (Trans Epidermal Water Loss). Nell’atopico è molto aumentata: per questo la sua pelle si secca facilmente, prude, viene grattata e si infetta. Ma non è malata, è solo in formazione, è un po’ più lenta della media, ma ce la farà, credetemi… Questo è il motivo per cui l’80% degli atopici guarisce entro la pubertà e alcuni anche dopo.
Si può curare l’eczema (che in greco significa “bollire fuori”) senza sopprimerlo, con trattamenti termali, dieta adeguata, fototerapia mirata, rimedi omeopatici e creme non farmacologiche, ma soprattutto valutando l’ambiente vitale del malato e le sue inter-relazioni, che spesso “fanno acqua”. Può sembrare difficile, ma non è facile. Però è possibile e soprattutto eudermico, cioè rispettoso della salute della nostra pelle, ciò a cui teniamo di più.
Siete disposti a correre il rischio di stare bene?