Diete, pro e contro: la dieta Montignac

8 Giugno 2012
Diete, pro e contro: la dieta Montignac

Il regime alimentare di cui si occupa oggi Eurosalus non è facile da commentare. Si tratta del metodo di Michel Montignac, poliedrico ex-ristoratore francese convertito al nutrizionismo, non è facile.

I suoi libri, che hanno avuto una buona diffusione a partire dal 1987 quando uscì “Io mangio, quindi dimagrisco”, hanno continuato a rimaneggiare e perfezionare il metodo così da rendere poco affini gli ultimi testi rispetto ai primi.

Il metodo Montignac si basa sul concetto che sia possibile dimagrire attraverso la scelta di cibi sani, mangiando normalmente. Nelle ultime edizioni l’autore batte molto sul tasto dell’iperinsulinismo come causa primaria di ingrassamento (dato corretto).

L’applicazione è però un po’ più farraginosa. Si parte da una “fase 1” in cui sono vietati moltissimi cibi. Lo zucchero viene (discutibilmente!) sostituito con edulcoranti artificiali. Il pasto viene costruito con due alternative: proteico-lipidico (carne e pesce con insalata o verdure) oppure glucidico-proteico (nessun grasso saturo e glucidi con indice glicemico inferiore a 50). Per capire quali carboidrati utilizzare viene indicato il calcolo (assolutamente complesso) della “risultante glicemica”, inaccessibile al comune mortale.

Viene inoltre vietato il formaggio, perché contenente un non meglio chiarito “fattore di crescita” e invece viene consigliato il vino (non più di 3 bicchieri al giorno). Meglio la frutta cotta, perché “non fermenta” rispetto a quella fresca.

Dopo due-tre mesi si può passare alla fase 2 (mantenimento). Ma se si riacquista peso occorre star pronti a fare marcia indietro. Insomma: un insieme di regole di difficile applicazione e non spiegate dal punto di vista scientifico, per rispettare il messaggio del “se mangi bene (alla francese) magari dimagrisci anche”.

 

Molti pensano al metodo Montignac affiancandolo al concetto di “indice glicemico”. Come detto sopra, in realtà la sua “risultante glicemica” è frutto di un calcolo molto più complesso e di difficile applicazione, ma il metodo ha riattivato l’interesse su questo importante valore indispensabile per chiunque lavori in campo dietologico.

Nell’immaginario collettivo il metodo consente alla gente di mangiare cioccolato (amaro) e di bere champagne, aspettandosi di continuare a dimagrire.

E forse questo aspetto ha stimolato il suo successo. Per il resto l’unico lato positivo è l’attenzione verso un miglior controllo dei picchi insulinici attraverso cibi a basso indice glicemico. Montignac ne parla come se fosse una scoperta sua (e infatti alcuni sprovveduti riportano questa sciocchezza), quando l’indice glicemico è stato introdotto da Jenkins e colleghi a livello di studio clinico fin dal 1981.

Ciò che più colpisce nel metodo Montignac è l’assoluta improvvisazione scientifica. Decine di termini sono usati scorrettamente (speriamo che sia anche colpa del traduttore…). Nei suoi libri si parla di polipoli (un tipo di zuccheri?), di acido aspertico, di aspartane, di polipenoli, di Alzhaimer, di cubetti di formaggio che “fermano il piloro”, di lieviti ricchi di cromi, di litogenesi, di lipolise, di acidi grassi “astrogeni” (?), di grassi che vengono “pompati” nel glicogeno muscolare…(per gli inesperti: sono veri strafalcioni scientifici!) e qui ci fermiamo.

Montignac commette infine un errore nel dire che l’equilibrio tra nutrienti deve essere calcolato “nella giornata”. Dopo lunghe pagine di discussioni sulla calma insulinica, è insensato supporre che l’insulina decida se intervenire o meno prima di andare a dormire: i nostri cromosomi non sanno cosa succederà alla sera quando mangiano al mattino!

È inoltre manifestamente errata la sua considerazione sul fatto che Homo erectus vivesse di “prodotti agricoli”: un’affermazione che farebbe rabbrividire qualunque studioso (anche principiante) di evoluzione umana. I prodotti agricoli nascono col neolitico, 8-10.000 anni fa mentre Homo erectus gironzolava sulla terra da almeno 800.000 anni!

In definitiva: molte indicazioni “alla moda”, pescate qua e là, partendo dal concetto di indice glicemico ma con scarse motivazioni scientifiche. Se i suoi libri hanno venduto milioni di copie, c’è veramente tanto, tanto ancora da fare.