Scoperta una nuova forma di allergia: tutto da rifare per la diagnosi
Quanti hanno iniziato a starnutire, tossire, lacrimare o grattarsi pieni di ponfi e sono poi usciti dallo studio dell’allergologo con le pive nel sacco, sentendosi dire che non avevano nessuna allergia?
Purtroppo sono tante, e la pratica quotidiana ci mette continuamente in contatto con persone che pur manifestando sintomi tipici dell’allergia, non riescono ad evidenziare nel loro sangue delle reazioni di tipo IgE.
Le IgE, o Immunoglobuline E, sono gli anticorpi scoperti ormai negli anni 60 dai coniugi Ishizaka, con cui si è pensato per tanti anni di catalogare l’allergia.
Lo studio delle IgE è sicuramente utile, e in genere tutti gli episodi di reazione acuta, immediata, sono legati a questi anticorpi. Quando però si affronta il tema della infiammazione cronica, o delle allergie persistenti, oppure ancora dei fenomeni legati alla allergia e alla ipersensibilità alimentare, ci si scontra quasi sempre con la assenza di questi anticorpi, e con una serie di dubbi non da poco.
La soluzione di questo enigma sta in una interpretazione evoluzionistica del contatto con il cibo, come segnalato in un importante articolo di Adriana Bazzi sul Corriere della Sera, e alla comprensione dei fenomeni legati alla infiammazione da cibo.
Come ha dimostrato Brandt in un bellissimo lavoro pubblicato nel 2006 sul Journal of Allergy and Clinical Immunology (Brandt EB et al, J Allergy Clin Immunol 2006 Aug;118(2):420-7), i fenomeni legati alla infiammazione da cibo determinano spesso reazioni identiche a quelle allergiche, pure in assenza del classico meccanismo fino ad oggi conosciuto.
In questi casi la diagnosi deve allora passare attraverso la ricerca di anticorpi o di reazioni cellulari diverse dalle IgE.
Da qualche settimana una nuova scoperta scientifica, pubblicata su una delle riviste più autorevoli della allergologia mondiale, ha messo in subbuglio il mondo accademico: l’americano Fred Finkelman ha scoperto infatti che esistono almeno due differenti vie di attivazione della allergia.
E lo stesso tipo di reazione evidente nei topolini (che hanno caratteristiche immunologiche molto simili a quella degli esseri umani), secondo la ricerca descritta sull’ultimo numero del Journal of Allergy and Clinical Immunology (Finkelman FD. J Allergy Clin Immunol 2007;120:506-15) dovrebbe essere applicabile anche agli esseri umani (come poi da lui dimostrato nel 2009).
Significa che tutte le analisi allergologiche svolte fino ad oggi sono state, nella migliore delle ipotesi, parziali. Le tante persone che non hanno ricevuto diagnosi, perché sono state provate e testate solo le IgE, possono pensare che le indicazioni a loro date a quel punto fossero, quanto meno, non complete.
La descrizione di questa allergia a due vie, quella classica e quella alternativa, è troppo vicina al modello classico della infiammazione da cibo e delle ipersensibilità alimentari perché non ci stimoli a pensare che questo sia (come già anticipato da Sampson) un modello sempre presente nell’organismo, più o meno affiancato alla reazione di tipo IgE.
Infatti i due tipi di reazione dipendono da:
- via classica, modulata dalle IgE, dall’istamina, stimolata da piccole quantità di antigene, in presenza anche di basse quantità di anticorpi;
- via alternativa, modulata dalle IgG (valutate in test come Recaller e PerMè), da un gruppo di globuli bianchi (macrofagi), stimolata da grandi quantità di antigeni, ripetute per più tempo, in presenza di quantità importanti di anticorpi.
Siamo di fronte ad una scoperta straordinaria, che deve far ripensare completamente il modo in cui si sviluppano o si controllano le allergie.
Bisogna anche ricordare che le IgG sono in grado di determinare dei fenomeni di tolleranza nei confronti della allergia classica, per cui non devono mai essere considerate del tutto dannose. L’interpretazione delle IgG infatti deve essere correlata ad una interpretazione evoluzionistica della loro azione (vedi articolo del Corsera citato).
E per quanto riguarda la gestione delle allergie, gli allergologi dovranno, da oggi, confrontarsi con un pezzo di realtà scientifica in più, e non potranno sottrarsi alla sistematica domanda dei pazienti, di andare cioè al di là della immediatezza diagnostica delle IgE.
Per lo studio delle ipersensibilità alimentari individuali (intolleranze) non possiamo che ribadire la necessità di uno studio diagnostico che valuti la reattività cellulare. I risultati avuti fino ad oggi ci confermano, con l’evidenza scientifica della nuova scoperta, che eravamo nel giusto.