Inutili i divieti alle arachidi: non c’è il cibo cattivo
Le prime reazioni percepite sono state quelle di confusione, di dispetto e anche di rabbia.
Mamme che per anni hanno faticato ad impedire che i loro figli anche solo sfiorassero le arachidi o le noccioline americane (i peanuts, per intenderci), seguendo i consigli di evitamento forniti dalle più illustri accademie allergologiche, si sono sentite dire improvvisamente che la scelta è stata sbagliata.
L’ascolto in inglese dell’intervista fatta a Lisa Rutter (fondatrice del No Nuts Moms Group, gruppo delle mamme che non vogliono noci e affini…) rende conto dello stato di confusione indotto da questa nuova realtà scientifica che sovverte tutte le credenze riduzionistiche in voga fino ad oggi.
Un bellissimo lavoro, firmato dagli inglesi Du Toit come primo autore e da Gideon Lack come ultimo (e organizzatore dell’intero LEAP team che ha portato a termine lo studio), pubblicato il 4 marzo 2015 sul New England Journal of Medicine, ha confermato i molti sospetti sugli effetti negativi della eliminazione di un alimento (Du Toit G et al, N Engl J Med. 2015 Feb 26;372(9):803-13. doi: 10.1056/NEJMoa1414850. Epub 2015 Feb 23).
Eliminare un alimento non solo non previene il possibile sviluppo di allergia anche grave a quello stesso cibo, ma addirittura ne incrementa con intensità il rischio.
Il tutto origina da un lavoro che risale ancora al 2008, pubblicato dagli stessi autori sul JACI, che rilevava una diversa prevalenza di allergia alle arachidi, tra bambini ebrei israeliani (che mangiano arachidi durante il primo anno di vita senza limitazioni) e una popolazione corrispondente di bambini ebrei inglesi che invece ricevono indicazioni di eliminazione delle arachidi nei primi anni di vita (Du Toit G et al, J Allergy Clin Immunol. 2008 Nov;122(5):984-91. doi: 10.1016/j.jaci.2008.08.039).
Il lavoro pubblicato da poco sul NEJM ha voluto verificare il livello di allergia alle arachidi manifestato dopo 5 anni da bambini che avessero evitato le arachidi oppure che le avessero mangiate, partendo da condizioni di sensibilizzazione alle arachidi positiva o negativa (tramite prick test).
I risultati sono impressionanti. Tra i bambini che avevano un prick test negativo, dopo 5 anni si è vista una prevalenza di allergia alle arachidi del 13,7% in chi aveva evitato le arachidi e dell’1,9% in chi le aveva mangiate. Tra i bambini con prick test positivo, la prevalenza di allergia dopo 5 anni era del 35,3%nel gruppo che evitava le arachidi contro il 10,6% tra i bambini che ne mangiavano con tranquillità.
Significa che mangiare le arachidi può fare bene, e soprattutto che mangiare le arachidi può fare bene proprio ai bambini allergici. Quel dato mostruoso di un 35,3% di bambini allergici gravi alle arachidi proprio tra chi aveva fatto di tutto per evitarne l’assunzione deve fare fortemente riflettere.
Da molti anni su queste pagine sosteniamo che non esistono cibi cattivi, e che in base alle teorie evoluzionistiche è fondamentale aiutare ogni organismo a conquistare la tolleranza immunologica nei confronti dei cibi.
Il cibo, ogni cibo, rappresenta il modo in cui l’energia del sole diventa energia trasferibile all’essere umano. Non ha senso, sul piano evolutivo, che si eviti questo processo.
Sono ben noti i rischi delle diete di eliminazione, purtroppo ancora così in voga tra molti nutrizionisti, e il lavoro pubblicato sul NEJM rende conto della responsabilità che si prende qualunque terapeuta che non voglia lavorare sulla guarigione dell’allergia.
Per fortuna, nonostante l’esistenza di numerosi colleghi che ribadiscono modalità di eliminazione ormai chiaramente controproducenti, esistono allergologi, immunologi e medici che lavorano invece per la conquista della tolleranza e per il miglioramento della funzione immunologica dell’organismo.
I congressi del FAAM (Food Allergy and Anaphylaxis Meeting) ne sono la testimonianza.
Noi stessi, da anni seguiamo i pazienti che si rivolgono a noi attraverso uno specifico percorso terapeutico che guidi il recupero della tolleranza in modo da consentire una dieta sana, piacevole e variata a chiunque.
Nel momento in cui si guarisce anche dalle gravi allergie al latte e dalle reazioni anafilattiche all’uovo, restare ancorati a un pensiero riduzionistico e limitativo rischia di diventare probabilmente deleterio per la scienza e sicuramente molto grave per i bambini e gli adulti che vengono indotti a sopportare privazioni tanto inutili quanto potenzialmente pericolose.
È ovvio che di fronte ad una allergia già instaurata servirà la guida di un allergologo esperto nella riconquista della tolleranza, ma è fondamentale che ne sia chiara la possibilità e sia definito che non è certo l’eliminazione di un cibo a fare del bene.