Covid e nuovi virus fuori stagione. Come essere finalmente preparati in anticipo
L’attenzione globale sui virus e sui loro effetti dall’inizio del 2020 ha preso il sopravvento su qualsiasi altro tema di discussione fino talvolta ad assumere, oggi, aspetti talmente ridondanti che molte persone non ne possono più di sentire parlare di virus.
Che si tratti di sfuggire alla paura o di avere raggiunto il massimo livello accettabile di notizie sul Covid, si rischia di perdere di vista una visione più sistemica e generale su quello che sta accadendo nel mondo.
Come sarà chiaro alla fine della lettura, con la pandemia il mondo sta riposizionando le proprie nicchie di batteri e di virus e ha iniziato dei cambiamenti che vanno seguiti con la giusta cautela.
Una lettura evoluzionistica degli effetti del Sars CoV-2 può da subito aiutare le persone a capire il “post Covid e il long-Covid”, a spiegare la comparsa di forme autoimmuni inaspettate e a mantenere attive le proprie difese immunitarie per i prossimi confronti sul campo anche per prevenire nuovi virus o anomale incursioni di virus già conosciuti.
Ricordando che lo scopo di un virus (o di un batterio) è solo quello di riprodursi il più possibile e di creare nuove nicchie abitative adatte alla sua sopravvivenza, si comprende perché esista un rapporto così rilevante tra la diffusione del Covid-19 e l’attuale contesto sociale.
La glicazione, il diabete, il prediabete e l’obesità sono stati e sono elementi che hanno facilitato e continuano a facilitare in modo determinante la invasione virale e la sua diffusione, l’attivazione delle complicanze anche gravi e la possibile interferenza sulla risposta vaccinale, come abbiamo discusso su queste pagine anche nell’articolo “Covid, controllo degli zuccheri e prevenzione”.
Il secondo spunto di riflessione è legato alla esistenza di alcune “nicchie” specifiche che fanno parte della modalità con cui l’umanità vive la sua relazione con virus e batteri. Nel corso dei millenni, alcune patologie si sono stabilizzate su un certo livello di prevalenza nella popolazione e questi valori oscillano nel tempo senza troppe variazioni. Qualcosa di nuovo è invece successo.
La prevalenza quasi azzerata delle infezioni influenzali nel corso dell’inverno 2021 è stata attribuita all’inizio, e forse in modo un po’ superficiale, alle sole misure di contenimento in atto, con mascherine, distanziamento e limitazione delle attività sociali. Si era pensato che tutti i virus che si trasmettono per via respiratoria, tramite la saliva e il contatto con le mani fossero stati controllati dalle misure di contenimento anti Covid.
Invece, nella relazione settimanale della Società Americana di Malattie Infettive, il 30 settembre 2021 l’IDSA (Infectious Diseases Society of America) ha confermato che i virus del semplice raffreddore e altri virus comuni hanno continuato a circolare indisturbati, mentre i virus influenzali e il virus respiratorio sinciziale (RSV) si sono ridotti in modo elevato. Nel campione studiato, la percentuale di bambini positivi per per il RSV è passata dal 20,5% all’1,2% mentre quella dell’influenza, sempre per la stagione 2019-2020, è passata dal 10,5% al 2,6%. Come se le misure di contenimento potessero controllare alcuni tipi di virus ma non altri, come riportato nell’articolo di Healio.
In realtà si stanno manifestando effetti di cambiamento delle prevalenze infettive a livello mondiale che suggeriscono, quindi, anche altre risposte.
Già nell’estate 2021 sono comparsi in Europa “strane” patologie da raffreddamento:
- Raffreddori prolungati
- Forme similinfluenzali estive
- Tracheo-bronchiti estive
che per la loro inusualità hanno stimolato riflessioni epidemiologiche importanti su un qualche cambiamento in corso negli equilibri tra i diversi ceppi virali e batterici.
Nello stesso periodo, tra aprile e settembre 2021 (corrispondente in Nuova Zelanda alla stagione invernale) si è assistito in Nuova Zelanda alla esplosione di casi di infezione da Virus Respiratorio Sinciziale che hanno portato alla saturazione delle rianimazioni del sistema sanitario neozelandese non più per trattare il Covid ma per trattare le problematiche virali, normalmente presenti in piccoli numeri e emersi in misura esageratamente rilevante nel loro inverno appena passato.
Si pensi che, stando alla cronaca neozelandese, in questo articolo del 21 luglio 2021 venivano riportati ben 735 casi di infezioni gravi da Virus Respiratorio Sinciziale nella sola settimana precedente all’articolo, in confronto ad una media annuale di casi “pre Covid” di 1.743. Un aumento enorme rispetto alla media usuale. Di fatto, la presenza di questa condizione virale ha saturato completamente la disponibilità di rianimazioni infantili creando una situazione di rischio (di cui ha parlato anche la stampa italiana) ma soprattutto obbligando i medici a confrontarsi con una realtà nuova.
Durante l’estate italiana appena trascorsa ho assistito alcuni pazienti con una sintomatologia respiratoria tale per cui, se fosse stata presente anche la febbre e l’età infantile avrei “giurato” sulla presenza del RSV mentre la causa era legata ad altri e diversi agenti virali non così definiti. E anche altre situazioni cliniche come quelle appena descritte hanno richiamato alla mente la presenza di virus diversi dal solito che si presentavano in momenti del tutto inaspettati. Come se, anziché arrivare nel tardo autunno o in inverno, stessero riadattandosi ad un equilibrio biologico mondiale in fase di definizione.
Quanto sta accadendo mi ricorda la descrizione del “Butterfly effect”, quella considerazione per cui in un sistema complesso, piccole variazioni all’apparenza insignificanti possono, in certe circostanze, determinare grandi effetti su scala planetaria. Il tutto è racchiuso nella memoria di questo “effetto farfalla” per il quale in un mondo completamente interconnesso, il battito d’ali di una farfalla sulla costa dell’oceano Pacifico potrebbe determinare a catena un importante mutamento atmosferico (come un tornado) sulla costa opposta…
“The butterfly effect” è stato anche il titolo di un film del 2004, ma già dagli anni ’60 del secolo scorso, geni matematici “pre-digitali” come Alan Turing ed Edmond Lorenz ne avevano abbondantemente parlato sulla base della analisi matematica dei sistemi complessi.
Quindi è indispensabile prepararsi alle nuove possibilità che si evidenzieranno nella prossima stagione invernale e in quelle successive, dovute al fatto che un virus nuovo (Sars CoV-2) ha percorso il mondo intero contagiando miliardi di persone e che miliardi di persone hanno cambiato il loro assetto immunitario con lo stimolo alla resistenza virale indotto dalle vaccinazioni. Molto di più di un semplice “battere di ali”.
Infatti già ora si assiste alla relativa scomparsa di alcuni virus e abbiamo ancora da capire cosa succederà davvero della classica influenza invernale che ovunque, nella stagione scorsa è calata numericamente anche oltre il 90%.
Le armi che abbiamo a disposizione sono le stesse che da anni hanno consentito di affrontare anche i nuovi virus migliorando le capacità difensive. Vitamina C (C-1000 Start), Broccolo italico (Betamune) e minerali di supporto al sistema immunitario (Oximix Multi+ alternato a Oximix 1+) rappresentano l’integrazione di base che insieme ad una dieta personalizzata io metto in atto ad ogni inverno e che suggerisco a tutti i miei pazienti, ottenendo effetti fortemente positivi sulla prevenzione delle malattie invernali. Che vengano da virus vecchi o da virus nuovi.
Troppo pesante il saldo di questi ultimi due anni, in termini di morti, di malati e di blocchi delle attività usuali. Come per lo scorso anno la prevenzione si basa quindi, come già indicato nell’articolo , “Covid, influenza e prevenzione invernale”, sulla assunzione di alcuni integratori (Betamune, Oximix e Vitamina C) e sulla attenzione dietetica nutrizionale personalizzata. Nell’articolo sono ampiamente descritte le modalità di assunzione preventive e sono anche indicati i suggerimenti per affrontare gli episodi acuti.
Nella attività clinica che svolgiamo in SMA (centro clinico in cui opero), segnaliamo la necessità di controllare l’infiammazione e la glicazione (attraverso il test PerMè e il Glyco Test) che sono fattori predisponenti alla infettività, alla contagiosità e allo sviluppo di complicanze non solo per il Covid ma anche per tutti gli altri virus.