Cheratite: il cibo che la guarisce
La connessione tra cibo e disturbi oculari non è così immediata come quella che spesso la gente percepisce invece per l’irritazione nasale.
Una salva di starnuti dopo avere mangiato un cibo piccante, il pomodoro o il cioccolato rientra nelle cose “già sentite” e accettate (anche e non sempre ben comprese), mentre il fatto di avere una congiuntivite cronica perché si mangia in un certo modo è un po’ più lontano dalla comprensione immediata.
Eppure l’infiammazione da cibo spiega perfettamente questi fenomeni. Una reazione alimentare (intolleranza) provoca l’aumento di BAFF (B Cell Activating Factor) e spiega tutti i fenomeni acuti e cronici che ne possono derivare.
Controllare il BAFF attraverso l’alimentazione (Recaller) porta ad una riduzione dell’infiammazione e al recupero della tolleranza alimentare.
Una congiuntivite cronica, una cheratite (l’altro lato della congiuntiva, quello verso l’occhio, non verso la palpebra) o una blefarite (infiammazione del bordo palpebrale) possono essere curati attraverso un cambio dietetico che sia comunque rispettoso delle reattività individuali.
Alla fine di giugno ho presentato a Roma, al 2° International Congress della Refr@ctive.Online – Refractive Surgery Society e della SICSSO – Società Italiana Cellule Staminali e Superficie Oculare, un lavoro dal titolo “The eye as a target of food-related inflammation” (l’occhio come bersaglio dell’infiammazione da cibo). La comunicazione è stata richiesta dal professor Paolo Vinciguerra (organizzatore del congresso) come “lecture” per introdurre un tema che spesso oculisti e oftalmologi non considerano e che è invece di estrema importanza e che si integra perfettamente anche a qualsiasi trattamento chirurgico o medico specialistico.
La comunicazione è stata di recente ripresa anche dalla rivista online Healio Ophtalmology, che ha descritto il tema della infiammazione e della tolleranza a bassa dose come cardine del lavoro stesso.
Infatti il caso della ragazza trattata e presentata in modo dettagliato è stato esemplare in quanto lo stesso caso era stato presentato al congresso di Eucornea 2010 a Venezia come caso intrattabile. Intrattabile significa che la qualità della vita della ragazza era difficilissima. Ogni due ore doveva introdurre gocce terapeutiche negli occhi, doveva indossare occhiali da sole anche per la vita in famiglia, soffriva di una intensa fotofobia, spesso doveva fare un “patch” dell’occhio, chiudendolo per giorni, e aveva difficoltà importanti ad una vita di relazione. Curabile quindi ma con una qualità di vita scarsa.
L’individuazione della sua reattività alimentare, l’uso di una iposensibilizzazione a bassa dose preparata da Allergopharma per gli acari (cui non era specificamente allergica, ma utile per indurre una tolleranza generale) e l’affiancamento di un trattamento con Olio di Perilla ha portato la ragazza ad una guarigione completa nel giro di 3 mesi. Cambio della qualità di vita quindi e recupero del visus, passato da 2 decimi a 10 decimi.
Il tema quindi non solo getta le basi per una utilizzazione specifica da parte degli oftalmologi e degli oculisti, ma pone delle serie riflessioni sulle tante patologie infiammatorie croniche in cui ci si ostina a trattare con farmaci sintomatici senza cercare la produzione infiammatoria alimentare che spesso ne è la vera causa.