Calcolato per la prima volta il rischio di mangiare cibi super raffinati: risultati che obbligano a scegliere
La disponibilità di cibi altamente processati e super-raffinati (snack, merendine, dolcetti, soft drink e molti altri che descriverò a breve) è intensamente cresciuta negli ultimi anni e numerose ricerche effettuate in Europa, in USA, in Canada, in Brasile e in Nuova Zelanda hanno segnalato che il consumo di cibi super raffinati (in inglese “ultra-processed foods“) può rappresentare tra il 25% e il 50% del consumo giornaliero di cibo.
Per questi alimenti, finora si era sempre considerato il rischio cardiovascolare o il rischio di sviluppare obesità e diabete, ma da oggi le cose cambiano.
Una ricerca pubblicata sul British Medical Journal il 14 febbraio 2018 ed effettuata da un gruppo di epidemiologi francesi è riuscita a calcolare in modo molto attento il possibile rischio di sviluppare forme di cancro (prostata, ovaio, intestino e seno) in relazione alla quantità di alimenti super raffinati introdotti nell’organismo, stabilendo che ad ogni 10% in più della dieta base consumato come cibo super-raffinato, corrisponde un aumento del 12% del rischio di sviluppare qualsiasi cancro e dell’11% di ammalarsi di cancro del seno. (Fiolet T et al, BMJ. 2018 Feb 14;360:k322. doi: 10.1136/bmj.k322).
Per l’importanza di questo lavoro, l’articolo segnalato è leggibile liberamente nella versione integrale e può consentire agli addetti ai lavori di approfondire tutti gli aspetti metodologici e statistici messi in atto dagli autori per minimizzare i possibili fattori di confusione.
Per arrivare a definire un aumento di rischio legato al cibo e non ad altri elementi si è arrivati a considerare tutti i possibili aggiustamenti legati all’età, al sesso, alla introduzione calorica senza alcol, al fumo, all’attività fisica, alla introduzione di alcol e alla storia familiare di cancro, stratificando per età e per livello di istruzione.
Delle 118.000 persone seguite, circa 7.000 sono state eliminate dal conteggio nei primi due anni perché hanno evidenziato una forma tumorale che era probabilmente già in essere (anche se nascosta) all’inizio della ricerca, in modo da considerare nei risultati solo le forme tumorali effettivamente correlabili al tipo di alimenti utilizzato.
I tumori del seno sono stati valutati con un aggiustamento e una correzione legata anche allo stato menopausale, all’uso di trattamenti ormonali e al numero di figli avuti.
Importante è la definizione di cibi ultra processati, che deriva da una classificazione validata (NOVA) e rivista da un comitato di tre dietisti e cinque ricercatori specializzati in epidemiologia alimentare. Tra questi troviamo: bevande dolci e gasate, snack dolci o salati impacchettati, gelati industriali, cioccolato, caramelle, pani e dolci industriali, margarine, biscotti industriali, torte e mix per torte industriali, “cereali” da colazione (ricostruiti), bevande energetiche, bevande di frutta con zuccheri aggiunti o dolcificanti artificiali, carni o pesci ricostruiti (würstel o certi tipi di salsiccia), zuppe istantanee e molti altri.
Per capire le differenze di interpretazione che hanno lasciato tra i cibi “sani” anche prodotti comunque processati (ma non troppo), gli autori spiegano a titolo di esempio che una marmellata di frutta con zucchero aggiunto è considerata un cibo solo processato, mentre dei dessert a base di frutta con aggiunta di zucchero, addensanti e coloranti è considerato un cibo “ultra-processato o ultra-raffinato”. Nello stesso modo della carne semplicemente salata o affumicata è considerata “processata” mentre una carne preparata con aggiunta di nitriti e conservanti (come molte salsicce o würstel) sono considerati alimenti “ultra-raffinati”.
Non sono stati considerati cibi “ultra raffinati”, ma semplicemente “processati”, gli alimenti che subiscono solo poche trasformazioni, tipiche della cucina tradizionale (asciugatura, cottura, macinazione, refrigeramento, pastorizzazione) affiancati all’uso di alimenti tipici della normale preparazione alimentare (sale, olio, burro, zucchero per le preparazioni tipiche casalinghe). In genere le preparazioni casalinghe o artigianali di prodotti (formaggio, pane fresco) ricadono tra i cibi semplicemente “processati” ma non tra gli “ultra-raffinati”.
L’analisi del campione statistico, studiato per quasi 10 anni, ha consentito di evidenziare che i gruppi più consistenti di cibi “ultra-raffinati” erano rappresentati dai prodotti dolciari (26%) e dalle bibite (20%), seguite dai “cereali” (per chi ancora continua a chiamarli così) per la prima colazione (16%).
Si tratta di risultati dal forte impatto sociale e gli autori sono i primi a indicare le possibili limitazioni del loro studio; l’effetto dei cibi “ultra-raffinati” potrebbe infatti dipendere da almeno quattro differenti motivazioni:
- Carenza di fibra, micronutrienti e vitamine nei prodotti industriali processati.
- Additivi, conservanti e dolcificanti presenti negli alimenti, nessuno sopra i livelli tossici individuali ma forse interagenti.
- Formazione di nuove sostanze a causa della cottura dei cibi (ad esempio l’acrilammide, che ha una documentata azione carcinogena).
- Possibile contaminazione da sostanze legate al confezionamento, come avviene per il Bisfenolo A di alcune plastiche.
Questo impedisce di definire un diretto rapporto causa/effetto tra uno specifico contaminante e l’aumento del rischio cancro, ma i dati aggregati consentono di riflettere sulla propria salute e di scegliere in modo sensato per il benessere.
Dai dati della ricerca ci sono evidenze statistiche chiarissime della relazione tra qualsiasi forma di cancro e l’uso di salse ultra raffinate a base di grassi processati a lungo, l’uso di prodotti dolciari ultra raffinati e l’assunzione di soft drink. In particolare l’assunzione di dolci raffinati (brioche, biscottini industriali, caramelle, gelati industriali) è fortemente correlata con l’aumento del rischio di sviluppare il cancro della mammella.
Lo stesso British Medical Journal in un editorale segnala che il lavoro di Fiolet non stabilisce ancora un rapporto diretto di causa-effetto, ma al tempo stesso ne segnala l’importanza enorme dal punto di vista sociale e politico. Uno studio così complesso e preciso evidenzia una tematica che lasciata a sé, senza alcun intervento sociale, può diventare devastante, sia per quanto riguarda la crescita futura delle forme tumorali sia per quanto riguarda quelle diabetiche.
Non è a caso che da anni noi segnaliamo il rischio della dolcificazione inutile mentre sosteniamo l’uso dei dolci sani, che fanno parte della cultura italiana. E lo stesso si può dire del sostegno che diamo all’uso delle farine integrali, che garantiscono per un minor rischio di malattia e per una vita più lunga in modo statisticamente documentato.
Il lifestyle, l’attività fisica e il controllo dell’infiammazione restano tra gli elementi che chiunque può modificare nella propria vita semplicemente con un po’ di attenzione.
Ci piace ricordare che non esiste un cibo “nemico” in assoluto. Alla fine, quello che salva è la varietà alimentare con la possibilità occasionale di concedersi qualche cibo “super raffinato” di cui è possibile controllare gli effetti negativi nel momento in cui la base alimentare sia sana.