Come alimentarsi in gravidanza?
La gravidanza può rappresentare un fondamentale momento di consapevolezza sul cibo e di educazione all’alimentazione. Per la donna gravida innanzitutto e frequentemente anche per tutta la famiglia che si trova a seguire molte delle scelte fatte dalla futura mamma.
Il professor Enrico Ferrazzi, ordinario di Ostetricia e Ginecologia dell’Università di Milano e Chairman del Dipartimento di Scienze Cliniche “Donna, Madre e Neonato”, con sede presso gli Istituti Clinici di Perfezionamento dell’ospedale dei bambini Vittore Buzzi, è uno dei pochi docenti universitari italiani che considera l’alimentazione uno dei fattori più importanti per una gravidanza sana e serena, consapevole che l’educazione ricevuta dalla futura mamma durante questo periodo sia fondamentale anche per la salute del feto e del futuro bambino.
Una considerazione che va contro il pensiero dominante che considera l’alimentazione in gravidanza solo una questione di controllo del peso materno.
Ne abbiamo parlato con il professore, autore sul tema di un importante studio che alleghiamo a questo nostro articolo, mentre nelle prossime settimane è prevista l’uscita di un libro innovativo e altamente documentato di cui Ferrazzi ha curato (insieme al biochimico statunitense Barry Sears) l’edizione finale.
Avremo presto a disposizione “Metabolic Syndrome and Complications of Pregnancy“, pubblicato dalla prestigiosa casa editrice Springer Verlag, contenente saggi attualissimi scritti dai massimi esperti internazionali di metabolismo e nutrizione.
Professor Ferrazzi, partiamo da un luogo comune: sono incinta, posso mangiare quel che voglio. E posso anche ingrassare, tanto è tutta salute per il bambino.
Si tratta di un approccio del passato, quando mangiare non era così facile come ora che basta aprire il frigorifero. Erano i tempi in cui nel nucleo familiare alla donna in gravidanza si lasciavano privilegi sull’alimentazione, pensando che dovesse “mangiare per due”. Ma non dobbiamo dimenticare che allora già il “mangiare per uno” era poco.
La facilità odierna di accesso al cibo non ammette più questo atteggiamento. In più oggi la donna vive un’insistenza stressante su magrezza e forma; poiché in gravidanza tutto è tollerato, pur se nei limiti che vedremo, si tende a rilassarsi e a pensare: “adesso nessuno mi rompe le scatole se ingrasso”. Un ragionamento inconscio, ma diffuso.
Tutto questo è sbagliato: l’alimentazione in gravidanza è la base della salute del bambino e della sua vita futura. E della qualità e dei buoni esiti della gravidanza stessa.
Un punto che lei ha rilevato nel suo studio riguarda la perdita della cultura nutrizionale locale. Che cosa intende?
Fino a cinquant’anni fa ciascuno di noi seguiva un’alimentazione costruita lungo millenni. L’agricoltura era dettata dal ciclo delle stagioni. Qualcuno ricorderà la scena del film L’Albero degli zoccoli, dove il nonno che porta i pomodori al mercato e dice “sono arrivati i pomodori per primi”.
Ecco, i pomodori: li mangiavamo per tre-quattro mesi all’anno. Oggi, con tutto il loro carico di nichel allergenico, li mangiamo per dodici mesi. Poi ci stupiamo se emergono, appunto, le allergie al nichel. Questo è un esempio di perdita di quelle culture alimentari con cui i nostri genitori, nonni e bisnonni sono cresciuti. Ciò fa sì che la nostra generazione – parlo dei cinquantenni – sia la prima ad avere aspettative di vita più brevi delle generazioni che ci hanno preceduto, proprio per i danni che l’alimentazione sta diffondendo: l’obesità, le ipercolesterolemie, le infiammazioni intestinali.
La gravidanza è uno straordinario motore metabolico che accentua pregi e difetti di un organismo e di un ambiente. Faccio un esempio: la possibilità che nel suo corso possa verificarsi un diabete gestazionale. Al termine della gravidanza, questo disturbo del controllo degli zuccheri passa; ma nella stragrande maggioranza dei casi ricomparirà intorno ai 55, 60 anni. Ciò vale per l’ipertensione, o per i disturbi intestinali.
La gravidanza è quindi una grande occasione per riconoscere come il proprio organismo interagisce con gli alimenti, e se vi si pone attenzione non cieca si può capire molto di ciò che fa bene e no.
Cosa intende per attenzione non cieca?
Mi spiego. Molti scambiano i disturbi come gonfiore, stipsi e coliti come spiacevoli effetti collaterali della gravidanza. In realtà non è così. Il punto è che quella persona, per come mangia e vive, ha normalmente quei disturbi, amplificati però dalla gravidanza. Ecco perché, se ci si sta attenti, quel momento ci consente di capire cosa ci fa vivere di più e meglio, e meno e peggio.
Tra i disturbi che lei cita rientrano le nausee?
Le nausee sono un argomento diverso e complesso, è l’impatto degli ormoni sul cervello all’inizio della gravidanza. Ci sono componenti neurologiche e di infiammazione intestinale. Però sarebbe semplicistico dire che si risolvono mangiando bene: certo, un’alimentazione corretta aiuta moltissimo. Ma io mi riferivo a quei disturbi che durante la gravidanza si stabilizzano.
Come dicevamo, un punto essenziale dell’alimentazione in gravidanza riguarda la quantità di cibo. Mangio di tutto e tanto. Perché è un approccio sbagliato?
Anzitutto perché la nostra alimentazione è già ipercalorica e talora iperproteica. Anche in gravidanza l’assunzione di 2.000, 2.200 calorie al giorno resta valida. Il problema è quindi non quanto mangiare, ma cosa, e quando.
Noi siamo abituati a cenare tra le 20.30 e le 21. In gravidanza si tende ad andare a dormire un’ora dopo, perché si è stanchi. È evidente che ciò alteri totalmente i processi digestivi. Ecco perché è sbagliato, per esempio, copiare le diete dei colleghi americani, che finiscono di lavorare alle 16.30, mangiano due ore dopo e vanno a letto alle 22.30: con le usanze italiane, ci mancano le 4 ore di digestione necessarie per i piatti complessi.
Invece noi dobbiamo stare leggeri: riso integrale con olio, pasta integrale con le verdure, farro con sughi vegetali, orzo. Variare i cereali è importante: non fa bene mangiare pasta sempre e comunque.
Quali sono altri errori tipici dell’alimentazione in gravidanza?
La prima colazione fatta solo con il caffè. O cappuccino e brioche. O le famigerate barrette. È un errore che in medicina è identificato con il termine “missing breakfast syndrome”. L’organismo, per recuperare le energie che servono dalle 8 del mattino alle 13.30, mette in campo ormoni dello stress: adrenalina, cortisone, ormoni tiroidei, glucagone. Questi ormoni vanno a pescare nelle riserve di grassi le calorie necessarie.
La mamma in gravidanza che ne ha tanto più bisogno soffrirà di più questo problema, ovvero ne soffrirà il feto. Nei casi estremi come durante il digiuno del Ramadan i bambini nascono più piccoli. Ciò determina un quadro infiammatorio che in gravidanza può essere grave: si pensi che la frequenza di parto prematuro in chi al mattino beve solo caffè, è 3 o 4 volte superiore a chi invece fa una colazione abbondante.
Cosa vuol dire abbondante?
Almeno il 20-25% del fabbisogno calorico quotidiano in su.
Quale può essere una colazione adeguata?
Quella composta da frutta, almeno 200 grammi, yogurt, pane integrale, tè, succo di frutta, e due o tre volte alla settimana un bell’uovo da gallina allevata a terra, quindi ricco e nutriente. O mandorle e noci, altrettanto nutrienti e ricche di proteine, con gli olii importanti quali Omega 3 e Omega 6, ben bilanciati e utili per la crescita del sistema nervoso centrale del feto.
Continuiamo con il catalogo del “non fare”.
L’altro grande brutto paradigma della cucina da supermercato è che per mangiare le proteine si debba mangiare solo la carne. Eppure, un piatto fatto con 100 g di lenticchie secche poi preparate a dovere, contiene più proteine di una bistecca di un etto.
E proteine si trovano anche nei fagioli, nei broccoletti, nei cavoli: alimenti più sani perché contengono olii nobili e non il colesterolo. Aggiungiamo il pesce, due o tre porzioni a settimana, perché contiene i migliori olii possibili per il cervello del bambino in crescita, vitamine non altrimenti assimilabili con altri alimenti, la vitamina B12.
Sulla carne, si riferisce a quella rossa?
Sì, perché è la migliore, sicuramente, ma le carni bovine scorrettamente considerate “bianche” sono pure da ridurre al minimo o evitare sia in gravidanza sia durante l’allattamento e per lo svezzamento del bambino.
Preciso: va bene se sono quelle di piccoli animali allevati a terra. Non va bene se si tratta di vitello o vitellone, che in Europa vengono portati a peso con stimoli ormonali. Questo fa male al bambino. Quanto alla rossa, che sia un bel filetto di animali di qualità: Fassona, Abruzzese, Chianina. Filetto da “gioielleria”, lo so. Ma buono e sano.
Un altro dei punti chiave del suo studio riguarda l’assunzione di calcio. Dov’è l’elemento critico, in questo caso?
Il calcio è un alimento che va assunto. Ma pensiamo alla mucca, che ha ossa gigantesche e si porta in giro 700 chili di peso: da dove lo prende? Dall’erba. Quindi, un’alimentazione con una buona quantità di ortaggi e frutta è già un buon apporto.
Inoltre, chi soffra di disturbi con proteine del latte e lattosio può, due o tre volte a settimana, mangiare formaggi ben stagionati. La spinta verso il consumo di latte ha una ragione: se ne produce più del necessario, e il surplus lo paghiamo con le nostre tasse. Ma questo è un altro discorso.
Quali sono le conseguenze più importanti di un’alimentazione squilibrata in gravidanza?
Prima di tutto il parto prematuro, dove un peso decisivo viene dal digiuno, soprattutto se sistematico dalle 8 di sera alle 14 del giorno dopo, con il salto della prima colazione.
Anche l’ipertensione tardiva che compare al termine della gravidanza è legata agli squilibri alimentari, e all’assunzione di cibi che portano a infiammazione intestinale. A riguardo, mi piace citare un bellissimo survey su 33mila gravidanze in Norvegia, dove si è riscontrato che chi assume almeno 35 ml di yogurt con fermenti vivi ogni giorno ha meno della metà del rischio di sviluppare ipertensione, a parità di tutti gli altri elementi.
Il consiglio è ovvio: a colazione, uno yogurt con fermenti vivi. Per chi abbia problemi con il latte vaccino, c’è la soia. I fermenti sono gli stessi.
Chiudiamo con una considerazione sulla sua esperienza: quanta consapevolezza c’è verso la necessità di un’alimentazione equilibrata?
C’è molto da fare, e anche in area medica, dove ancora si è troppo legati al concetto di “dieta = tot grassi, tot proteine, tot carboidrati”. Oggi forse è più facile: siamo a una tale diffusione delle patologie intestinali e delle patologie da disturbi del peso che le donne stesse si interrogano se sia normale o no.
La gravidanza è importante perché la donna, nonostante i cambiamenti sociali, è comunque colei che determina cosa mangia la famiglia. Educare a una dieta sana la donna significa educare un intero nucleo familiare.