Antiulcera e antiacidi possono provocare allergie e intolleranze alimentari
Quasi esplosivo, nella sua applicazione pratica, il lavoro presentato a Vancouver dalla dottoressa austriaca Erika Jensen-Jarolim dell’Università di Vienna, nota per la sistematica e sempre attenta documentazione dei suoi lavori.
Chi usa antiacidi, antiulcera anti H2 o antiulcera inibitori, corre un grave e documentato rischio di sviluppare allergie o intolleranze alimentari, soprattutto se introduce proteine o alimenti “nuovi” per la propria dieta. Si tratta di un numero enorme di persone, compreso tra il 10 e il 20% della popolazione.
In modo molto sofisticato e preciso il gruppo di lavoro della Jensen-Jarolim ha documentato che lo stomaco e la sua acidità hanno una funzione importantissima di barriera nei confronti delle sostanze alimentari che assumiamo. La digestione ciò consente di trasformare le proteine allergizzanti presenti in ogni cibo di cui ci si nutre, in sostanze innocue.
L’acidità dello stomaco è una delle parti più importanti di questo processo, e consente infatti di modificare la forma delle proteine pericolose in modo che non possano più provocare la sensibilizzazione allergica. Nel giro di pochi secondi un cibo ben masticato e messo a contatto con la soluzione acida dello stomaco perde la caratteristica allergizzante delle proprie proteine e mantiene solo il suo carattere nutrizionale.
Questa via di difesa dell’organismo esiste anche nei confronti di proteine pericolosissime dal punto di vista allergologico, come quelle delle noccioline americane (peanuts) e di qualunque altra.
Quando viene inibita questa capacità digestiva, le proteine passano immodificate nella seconda parte del tratto digestivo dove possono determinare con altissima percentuale la sensibilizzazione e quindi la successiva allergia.
È da notare che questo non avviene se le sostanze introdotte fanno parte della dieta abituale in persone non già allergiche o intolleranti.
Persone che abbiano un’ottima tolleranza nei confronti dei cibi che già mangiano non corrono rischi anche usando dei farmaci antiulcera, ma chi usa invece antiacidi e antiulcera anziché rieducare il proprio sistema digestivo proprio allo scopo di poter mangiare stranezze senza risentirne, corre gravi rischi di sensibilizzarsi, solo per fare qualche esempio, nei confronti della frutta esotica che non ha mai usato, del pesce crudo che non fa parte della sua dieta abituale, e di cibi e bevande (vale anche per i coloranti delle bibite o per gli additivi delle merendine) che assaggia per la prima volta.
Nuove ricerche, antichi rimedi
Viene da sorridere se si pensa che una delle soluzioni possibili per ridurre il problema delle intolleranze alimentari è semplicemente quella di seguire il vecchio consiglio ripetuto dai nostri nonni, di masticare bene i nostri cibi e di lasciare alla digestione il tempo che le serve!
Purtroppo molte delle persone che prendono antiacidi o antiulcera devono questo bisogno alla pratica dei fast food e del “rapido snack a pranzo”, degna sequenza di un volante “cappuccio e brioche” trangugiato al bar per “fare presto”.
Ne deriva ancora una volta che i comportamenti sono all’origine di tante ipersensibilità e allergie, ma in questo particolare caso il lavoro scientifico di Erika Jensen-Jarolim (Untersmayr E et al, J Allergy Clin Immunol 2003 Sep;112(3):616-23) lancia un forte messaggio alla popolazione.
Ci auguriamo che venga recepito anche dalle autorità sanitarie, considerato il fatto che parliamo di prodotti molto usati, sia tra gli antiacidi da banco, sia tra gli anti H2 o gli inibitori di ultima generazione (i cosiddetti antiulcera come il lansoprazolo). Si tratta di prodotti che usati bene danno ottimi risultati, ma di cui oggi si abusa spesso, e che sono in molti casi in liberissima vendita.
La cautela quindi diventa importante, non tanto per evitare l’uso di prodotti magari ben prescritti, quanto per ricordarsi che il rispetto del processo digestivo ha un senso e un significato. E quando l’organismo segnala che non sta funzionando è importante ragionare su ciò che ci comunica e cercare soluzioni che non siano sempre e necessariamente farmacologiche.