Dal biberon al piatto (di plastica) rischi ormonali sempre più concreti
Ci troviamo di fronte, ancora una volta, al ripetersi della solita storia in cui, mentre gli organi regolatori competenti, le società scientifiche e le aziende produttrici si sfidano a colpi di pubblicazioni, il comune cittadino continua a pagarne le conseguenze.
Questa volta sul tavolo dell’imputato troviamo gli Endocrine Disruptors Chemical (EDC), meglio noti come interferenti endocrini. Il termine, coniato nel 1940 dal biologo inglese Conrad Waddington, si riferisce a un gruppo eterogeneo di sostanze in grado di interagire non solo con il sistema endocrino, ma anche con quello immunitario e nervoso, i cui effetti dannosi sull’individuo sembrerebbero in grado di trasmettersi anche ai discendenti.
Un recente documento rilasciato dalla World Health Organization (WHO) afferma che sono circa 800 le sostanze potenzialmente dannose. L’origine può essere industriale (diossine, PCBs, ecc), agricola (pesticidi, insetticidi, fungicidi, ecc.) o domestica (ftalati, resine, ecc.).
Questo significa che anche gesti quotidiani e routinari, come per esempio l’utilizzo del biberon dei neonati (bisfenolo A) o l’acquisto di alimenti (semplicemente anche l’acqua) in contenitori di plastica (ftalati), possono esporci a un potenziale contatto.
Il cibo rappresenta senz’altro la principale fonte di contaminazione, anche se non devono essere dimenticate altre vie di penetrazione quali l’aria e il contatto cutaneo.
Tali sostanze sono in grado di manomettere il sistema in quanto hanno la capacità di legarsi ai recettori ormonali provocando, a seconda delle sostanze in gioco, degli eccessi di stimolazione o dei veri e propri blocchi ormonali con ovvie ripercussioni sulla salute (pensiamo semplicemente a quanti disturbi mestruali non trovano tutt’oggi spiegazione).
Questi segnali, a lungo andare, sono in grado di alterare l’assetto genetico dell’individuo attraverso un effetto epigenetico, che per intenderci significa una modificazione nell’espressione dei geni in seguito a stimoli ambientali.
Benché i rischi correlati all’esposizione si stratifichino lungo tutto l’arco della vita, il periodo gestazionale rappresenta la fascia più vulnerabile in grado di interagire con maggior decisione sull’imprinting dello sviluppo neonatale. Dato, per altro, perfettamente in linea con la teoria della genesi fetale delle patologie dell’adulto, proposta dalla Baker negli anni ’90 e tutt’ora accreditata.
Calandoci nel concreto possiamo, per esempio, segnalare che numerose alterazioni a carico del sistema riproduttivo, come la riduzione della qualità spermatica, il criptorchidismo o l’incremento delle neoplasie testicolare nell’uomo, possono derivare dall’esposizione ambientale agli endocrine disruptors.
Inaspettatamente anche patologie quali l’obesità e il diabete mellito tipo II, classicamente ritenute conseguenza di un inadeguato stile di vita, possono trovare qui le radici attraverso meccanismi che facilitano lo sviluppo di insulino resistenza e limitano la produzione di adiponectina, concetti noti ai lettori di Eurosalus per le ricadute in termini di infiammazione cronica a basso grado.
Non mancano infine segnalazioni che gettano un ponte anche con la più frequente alterazione endocrina, quella a carico della ghiandola tiroidea.
Ognuno di noi è però nella condizione di mettere in campo, anche nella propria quotidianità, comportamenti in grado di frenare questo silenzioso logorio. Mi riferisco, per esempio, a semplici gesti come la scelta di alimenti biologici, l’attività fisica periodica e la meditazione.
Alla luce di quanto brevemente esposto credo sia incomprensibile e irrazionale la motivazione che freni gli organi governativi competenti dall’applicazione del principio di precauzione in attesa che si faccia chiarezza, anche se oramai il punto non è più la presunta tossicità di tali sostanze chimiche, ma le modalità in grado di ridurne in modo drastico l’esposizione.
Non ci resta che rimboccarci le mani e fare tanta tanta prevenzione attraverso quotidiani gesti consapevoli volti alla salute non solo del singolo, ma anche della comunità, il che presuppone la necessità di una costante e puntuale informazione libera e indipendente. Eccoci qua anche per questo.
Dott. Andrea Delbarba
Medico Endocrinologo
SIPNEI Lombardia