Lo xylitolo: cos’è, da dove viene e… ha senso usarlo?
Lo xylitolo è una sostanza derivata dalla fermentazione purificata di alcuni alimenti o prodotti di origine vegetale. Il prodotto vegetale più utilizzato a questo scopo è il mais e, in particolare, il mais OGM.
Tradizionalmente il dolcificante era costruito a partire dalla corteccia di betulla, con i costi ambientali e di lavorazione facilmente intuibili.
Non che il mais OGM sia scevro da complicanze ambientali e anzi, dalla loro nascita, le coltivazioni OGM sono state tenute d’occhio per la loro capacità di alterare pesantemente gli ecosistemi in cui venivano inserite.
Celebre il caso, ad esempio, della farfalla Monarch e delle coltivazioni, appunto, di grano transgenico.
Certo, lo xylitolo può anche essere prodotto a partire da mais (o da altri prodotti di origine vegetale) non OGM, ma di fatto risulta complicato comprenderne la provenienza, tanto più quando lo xylitolo è utilizzato già inserito nel prodotto, come spesso accade, e non comprato singolarmente.
Un’altra cosa utile da sapere sullo xylitolo, soprattutto per chi ama gli animali, è che questo è tossico per i cani.
Per quanto riguarda i valori e le potenzialità nutrizionali dello xylitolo, esso è un dolcificante. Per il suo sapore fresco viene spesso utilizzato nella preparazione di dolci, oltre che per la gomma da masticare e le caramelle. Ha certamente un indice glicemico più basso di quello dello zucchero e questo, lo renderebbe più adatto, ad esempio nel paziente diabetico. Tuttavia, i livelli di trigliceridi (di grassi) nel sangue, a seguito dell’utilizzo di xylitolo risultano addirittura più alti di quelli che si registrano con lo zucchero classico, rendendo discutibile il reale effetto preventivo nel lungo termine.
Lo xylitolo possiede un indice glicemico più basso dello zucchero classico, ma stimola comunque importanti aumenti glicemici e (conseguenti) di insulina, con gli effetti noti a livello metabolico.
Particolarmente utile da citare è peraltro uno studio russo che sconsiglia l’uso dello xylitolo (e anche del sorbitolo) nei bambini diabetici per gli sfavorevoli effetti evidenziati nel metabolismo lipidico e nella funzione epatica, anche a dosi relativamente basse (20 grammi al giorno nello studio).
Se tutto ciò non bastasse, può essere importante ricordare che lo stimolo dolce tende a richiamare nuovo zucchero e a stimolarne la ricerca, con fenomeni legati al mantenimento di una possibile dipendenza.
Lo zucchero e la dolcificazione non per forza devono essere considerati cattivi: è l’utilizzo continuativo, abbondante e ripetuto ad essere il vero problema.
Lo zucchero, così come il dolcificante, vanno limitati nell’assunzione quotidiana lasciando invece più sereno spazio all’utilizzo occasionale (da attuare comunque con la maggiore attenzione possibile all’impatto glicemico, abbinando cioè al dolce anche una quota sensata di fibra e proteine).
È limitare lo stimolo zuccherino dovuto alla dolcificazione che fa la vera differenza in termini di salute e di prevenzione: la semplice sostituzione dello zucchero classico con altri dolcificanti (di qualunque tipo siano) è lontano dall’essere la soluzione.
La quotidianità è quella che fa la reale differenza, usando invece con serenità il dolcificante preferito (zucchero di canna, miele o xylitolo, se si parla di soggetti adulti) quando si tratta dell’occasione in cui regalarsi un momento più dolce.
Modulare il più possibile la propria risposta agli zuccheri con una sensata quantità di attività fisica (anche solo un po’ di passeggiata prima e/o dopo il “regalo dolce”) e con l’abbinamento positivo a una quota di proteine (come quelle contenute in semi oleosi, uova, carne, pesce, formaggio, che devono essere in quantità simile a quella di zucchero), resta un’attenzione importante.