La stanchezza e la fatica che non ti aspetti. Oltre al caldo, la variabilità glicemica…
Ormai anche la pubblicità televisiva e radiofonica battono da qualche anno sulla necessità di assumere potassio (a volte accompagnato dal magnesio) per aiutare a mantenere la pressione arteriosa ad un livello di efficienza, e la correlazione tra estate, temperature elevate e potassio è (quasi) di dominio comune.
Quando invece si lavora sulla gestione degli zuccheri e nel centro SMA in cui lavoro suggeriamo semplicemente di sostituire le famose bustine di “Potassio e Magnesio” piene di zuccheri e dolcificanti con lo stesso prodotto privo di zuccheri (anche alcune aziende hanno capito che c’è questa necessità), lo stupore dei pazienti è notevole… L’energia finalmente migliora e il prodotto in fondo è lo stesso.
Qual è la differenza?
La differenza è nella composizione dei prodotti. L’aggiunta inutile di dolcificanti ipocalorici (che tanto ingrassano lo stesso) o di derivati dallo zucchero o di fruttosio comporta una possibile alterazione metabolica nell’organismo che attiva tutti i processi legati alla glicazione e alla variabilità glicemica.
È ovvio che una stanchezza persistente merita tutta l’attenzione medica necessaria per evidenziare le altre possibili cause del problema, dall’anemia ai disturbi di assorbimento, alle disfunzioni tiroidee e a tutte le altre cause possibili.
La stragrande maggioranza delle situazioni di stanchezza improvvisa, di astenia apparentemente immotivata e di fatica progressivamente crescente trovano però nella necessità di acqua, nella integrazione corretta dei sali che si perdono con la traspirazione (potassio e magnesio tra i primi) e nella variabilità glicemica le cause più rilevanti e facilmente controllabili.
Una bustina di potassio zuccherato, come l’assunzione di un caffè zuccherato o di un bicchiere di vino a metà giornata, comportano la comparsa di picchi di sostanze zuccherine nel sangue, che dipendono dalla assunzione di tutti i tipi di zuccheri.
Che si tratti di glucosio o di fruttosio (proprio quello presente anche nella frutta e nel miele) o di polioli (eritritolo, maltitolo e tanti altri) o di alcol (che viene metabolizzato attraverso la stessa via del fruttosio) fa poca differenza. L’effetto finale è un picco di valori zuccherini che provocano la glicazione di enzimi, proteine, DNA e altre strutture organiche provocando dei danni molto precisi.
Un articolo molto dettagliato, pubblicato su Eurosalus con il titolo “Zuccheri semplici, invisibili, nascosti. Dove si trovano e come controllarli”, può aiutare chiunque a confrontarsi con la propria alimentazione e a identificare i possibili zuccheri o dolcificanti usati talvolta in modo inconsapevole.
Quando la assunzione alimentare provoca dei picchi anomali, si assiste ad una fluttuazione di valori che la scienza ha definito appunto come “variabilità glicemica” e che risulta essere una delle più rilevanti cause di malattia e di mortalità.
Fin dal 2005 un articolo pubblicato su Clinical Biochemistry ha definito proprio il Metilgliossale (MGO) come indicatore delle fluttuazioni e della variabilità glicemica, correlata, oltre che alle malattie metaboliche e alle malattie degenerative, ovviamente anche alla stanchezza e alla fatica.
Il MGO è la stessa sostanza che il nostro gruppo di ricerca ha identificato come “early predictor” del diabete gestazionale e quindi, vista la analogia, come possibile indicatore dei danni pre-esistenti al diabete e purtroppo non riconosciuti dalla emoglobina glicata e dalla glicemia a digiuno che sono utilissimi per seguire e valutare il diabete già riconosciuto, ma non per identificare e intercettare il prediabete.
La buona notizia, quindi, è che si possono misurare alcuni biomarcatori (come metilgliossale e albumina glicata) e si possono poi prendere i giusti provvedimenti di controllo per evitare gli effetti della fluttuazione glicemica e dei picchi zuccherini.
La consapevolezza delle oscillazioni glicemiche e della composizione degli alimenti o degli integratori utilizzati consente di affrontare la stanchezza in modo ottimale, gettando anche le basi per difendersi dalle evoluzioni cui la variabilità glicemica porta nel tempo.
Conoscere le proprie caratteristiche metaboliche, infiammatorie e genetiche consente di godersi anche dei cibi dolci senza troppi allarmismi.
Per questo motivo, misurare eventuali danni da zucchero in modo preciso è sicuramente meglio che supporre. Test come il Glyco Test o il PerMè consentono di identificare eventuali eccessi individuali di zuccheri e impostare una dieta personalizzata, con la giusta varietà alimentare (dolci compresi!).