Il caco (e la sua buccia) sono tutti da mangiare
Il caco è uno dei frutti che ancora conservano una presenza solo stagionale sugli scaffali. Sono infatti un prodotto tipicamente autunnale.
Spesso sconsigliato in chi stia controllando la glicemia, i trigliceridi, o stia cercando di dimagrire, in realtà la potenza antiossidante del caco e della sua buccia agiscono in senso antinfiammatorio, garantendo buoni risultati non solo, ad esempio, nel controllo delle allergie, ma anche in termini di prevenzione e di modulazione dell’ingrassamento e della ritenzione idrica.
Il motivo per cui il caco viene sconsigliato è la presenza di fruttosio (lo zucchero della frutta) che però va considerato nelle quantità reali presenti: un caco davvero grande (200 grammi) contiene circa 30 grammi di zuccheri, che sono pochi di più di una confezione media di cracker e la metà di quelli contenuti in un piatto di pasta medio.
Per altro, i cracker o il piatto di pasta mancano completamente della forza in antiossidanti e vitamine presenti invece in maniera abbondante nel caco, tanto che esistono studi che ne parlano persino in termini di miglioramento del profilo lipidico.
Il caco fornisce sì qualche zucchero in più rispetto ad altri tipi di frutta o verdura, motivo per cui generalmente è meglio consumarlo al pasto insieme a una quota di proteine (carne, pesce, uova, formaggio, semi oleosi) che ne riduca ulteriormente l’impatto glicemico, ma tanta è la sua potenza positiva che la scelta tra il pacchetto di cracker (pieno per altro di grassi trans) e un caco è facile, e il caco vince.
Sembra per altro che l’estratto di caco abbia effetti positivi sulla salute cardiovascolare, prevenendo la diffusa aterosclerosi e salvaguardando le arterie.
Spessissimo i cachi vengono mangiati senza buccia. Questo è un “erroraccio”, perché se la polpa del caco contiene già vitamine e sali minerali interessanti (tra cui zinco, manganese, vitamina C, e beta criptoxantina, potente precursore della vitamina A) la più grande presenza antiossidante sta nella buccia. Altri minerali in essi contenuti sono il rame, il manganese, il potassio e il ferro.
Gli studi sui cachi ne hanno dimostrato un potenziale positivo a livello sistemico, con azioni di miglioramento del profilo lipidico e addirittura della sensibilità insulinica (che lo renderebbe positivo nel diabete e nell’iperglicemia) negli studi animali.
Positiva sarebbe anche l’azione a livello cutaneo: la proantocianidina presente nella buccia preserverebbe i fibroblasti dal danno, aiutando a mantenere la salute e la buona consistenza della pelle.
Attenzione solo a chi ha sofferto o soffre di occlusione intestinale: sono presenti in letteratura casi di occlusione che è stata attribuita all’uso abbondante di cachi, anche se pare trattarsi di casi particolari. Probabilmente l’effetto è per altro più legato alla presenza di sostanze astringenti nel caco acerbo, che a un effetto della fibra in esso contenuta.
È in questo caso importante ricordare che la fibra, come quella contenuta anche nel caco, ha un effetto di stimolo della salute intestinale e di protezione nei confronti, ad esempio, di patologie neoplastiche dell’ultimo tratto del canale digerente.
Nessuna paura nell’utilizzo del caco quindi, la cui potenza antiossidante supera assolutamente in vantaggi il (comunque relativamente blando) contenuto di zuccheri, che in sé non costituisce un “nemico” quando inserito in una dieta varia e bilanciata.
I cachi fanno bene alla salute cardiovascolare, proteggono dalle allergie e aiutano a mantenere in salute in maniera “dolce”.