Giovani a rischio diabete: come prevenirlo partendo dall’alimentazione
Una ricerca pubblicata su Diabetes Care nel 2023 ha calcolato che nel 2060 le persone con diabete di tipo 2 insorto in giovane età saranno cresciute di quasi 7 volte.
Questo è sicuramente un dato di forte impatto e su cui bisogna lavorare con importanti azioni di prevenzione, partendo proprio dall’alimentazione.
Ad oggi, i parametri maggiormente utilizzati per valutare l’assetto glucidico sono l’emoglobina glicata e la glicemia, che tuttavia, nonostante siano marcatori fondamentali, è emerso non essere da soli sufficienti per rilevare in modo precoce eventuali dismetabolismi zuccherini.
Al contrario, marcatori innovativi tra cui il Metilgliossale, una delle sostanze pro ossidanti per eccellenza, che aumenta in modo proporzionale ai picchi zuccherini incontrollati nel sangue, consente di dare una panoramica concreta sulla variabilità glicemica, ovvero sulle oscillazioni repentine di zuccheri e sostanze affini nel sangue e che è stata associata alla mortalità per tutte le cause, e ovviamente all’insorgenza del diabete.
Pensando all’alimentazione della maggior parte delle persone, e anche dei ragazzi, quest’ultima è purtroppo caratterizzata da continue oscillazioni. Un po’ come se il corpo fosse sulle montagne russe, con rapidi innalzamenti zuccherini seguiti poi da crolli: colazioni con sole brioche al bar o qualche biscotto al volo per velocizzare l’uscita di casa, uno snack tra una lezione e l’altra, un caffè zuccherato delle macchinette delle scuole o ancora un aperitivo alcolico o una birretta post partita con gli amici.
Questi sono solo alcuni banali esempi di condizioni che alimentano la variabilità glicemica. È giusto pensare che un ragazzo non si privi di qualche sfizio e possa consumare convivialmente un gelato pomeridiano o un aperitivo nel weekend, ma può essere utile capire anche come modulare i picchi glicemici, rendendoli delle “dolci” oscillazioni.
Ciò è possibile bilanciando dolci, alcolici, biscotti del mattino o lo snack volante delle vending machine con una controparte proteica: i biscotti del mattino potrebbero essere accompagnati da uno yogurt greco intero e scaglie di cioccolato fondente e la barretta dolce a un pacchetto monodose di mandorle (sì, ormai sono presenti anche nei distributori). Idem per lo spritz dell’aperitivo, da bere dopo aver sgranocchiato un pinzimonio di verdure, qualche pezzo di formaggio e/o dell’affettato.
Anche per i più piccini potrebbe essere utile preparare una merenda da casa a base di pane integrale tostato e burro di nocciole 100%, ad esempio, o un semplice panino al prosciutto, sicuramente molto più bilanciati e con effetti più positivi (anche per la sfera emotiva) rispetto al pacchetto di biscotti o di patatine.
Da ricordare che anche la frutta, nonostante sia un alimento estremamente benefico, è ricca di zuccheri, motivo per cui sarebbe da associare al pasto principale (colazione, pranzo e/o cena) o da accompagnare alla merenda con un pugno di frutta secca o qualche cucchiaio di ricotta.
Ognuno di noi ha un rapporto differente con lo zucchero e le sostanze affini e quindi una diversa condizione infiammatoria zucchero-correlata.
Il livello di glicazione (fenomeno per cui le nostre proteine circolanti si “caramellizzano” quando vengono attaccate dallo zucchero) è differente da individuo ad individuo, motivo per cui è utile misurare l’infiammazione da zuccheri e da alimenti in modo puntuale e tramite test specifici, così da poter consumare dolci, alcol, marmellate, miele, frutta o ciò che ci piace in modo logico e personalizzato, anche in un’ottica di prevenzione, ricordando che il dolce, come qualsiasi alimento non è da bandire.