Cuore a rischio con i dolcificanti artificiali
L’eritritolo è un alcol dello zucchero presente in natura, il che significa che in molti stati del mondo i produttori non hanno neanche bisogno di etichettarlo come dolcificante artificiale.
In molti casi le etichette usano l’eritritolo dichiarandolo come “voluminizzante”, come avviene ad esempio per la maggior parte delle preparazioni di Stevia in cui il dolcificante della Stevia (che ha precisi limiti di tossicità) è aggiunto all’eritritolo facendo passare il tutto come se il dolcificante finale fosse un prodotto naturale e vegetale…
L’eritritolo, comunque, essendo un prodotto non nutritivo con potere dolcificante simile allo zucchero, consente di predisporre ricette senza cambiare nulla da quelle originali con saccarosio, e questo ne ha facilitato la diffusione.
Questo prodotto è rapidamente assorbito dall’intestino tenue (e manda quindi all’organismo segnali di dolcificazione molto precisi) e in gran parte viene poi espulso immutato nelle urine. La parte assorbita segue invece la stessa via metabolica dei polioli, dell’alcol e del fruttosio, andando direttamente al fegato dove determina aumento della glicazione.
Quello che è assorbito, infatti, qualche severo problema lo crea, a partire dal non fare dimagrire nessuno, come Eurosalus ha spiegato sia in un articolo recente “Dolcificanti per dimagrire? Meglio no…” sia in un articolo del 2013 dal titolo già premonitore della verità scientifica “I dolcificanti artificiali fanno ingrassare e non dimagrire”.
Su questo tema, i Proceedeings of National Academy of Sciences, nel 2017, hanno confermato che l’eritritolo è una sostanza che segue appunto la via dei pentoso-fosfati (come il fruttosio e l’alcol) ed è associato all’aumento di peso.
La comunicazione più importante deriva però da un articolo pubblicato nel 2023 sulla prestigiosa rivista Nature Medicine che correla direttamente l’uso dell’eritritolo al rischio di sviluppare malattie cardiovascolari.
Questo effetto non è dovuto necessariamente alla azione pro-infiammatoria della glicazione, di cui tanto abbiamo già discusso, ma ad una azione diretta dell’eritritolo sulle piastrine, che ne innalza la reattività e facilità a cascata i fenomeni trombotici.
Se pensiamo a quante persone prendono anticoagulanti o “l’aspirinetta” per ridurre il rischio di trombosi e di ipercoagulazione e poi, magari, credendo di farsi del bene, bevono solo soft drink dolcificati “per non ingrassare”, evidentemente c’è qualcosa che non torna…
Il citato lavoro di Nature Medicine evidenzia sia l’effetto sulle piastrine sia l’aumento delle malattie cardiovascolari.
Serve sicuramente una attenzione agli effetti della dolcificazione sull’organismo partendo dal presupposto che se lo zucchero non è ottimale, anche i sostituti finora trovati non sono da meno.
Riguardo allo zucchero, un documento dell’EFSA (agenzia europea per la sicurezza dell’alimentazione) rilasciato nel 2021 ha evidenziato che mentre per quasi tutte le sostanze potenzialmente tossiche o pericolose (ad esempio coloranti e conservanti) esiste un margine di sicurezza e di tollerabilità, per lo zucchero questo margine non esiste.
Su base statistica è quindi meglio non assumerne. I danni possono cominciare anche dalle minime quantità introdotte nell’organismo, un po’ come avviene per la radioattività. È indispensabile quindi valutare per ogni persona gli effetti che lo zucchero determina in quello specifico organismo e con la misurazione della glicazione questo è oggi possibile.
Per quanto invece riguarda gli effetti a lungo termine dei dolcificanti finora identificati, il mondo scientifico ha osservato e documentato che:
- L’utilizzo di dolcificanti comporta importanti modifiche dell’appetito e dell’assunzione di cibo, che si traduce in una riduzione del senso di sazietà e conseguente richiesta di ulteriore cibo. I dolcificanti infatti stimolano la voglia di dolce, in quanto il cervello non ha una gratificazione completa e richiede altro zucchero.
- L’uso di alcuni dolcificanti come il sucralosio peggiora la risposta glucidica; infatti, aumenta l’insulina allo stesso modo dello zucchero seppur abbia un contenuto calorico nullo. Inoltre, il sucralosio sembra potenziare la patogenesi della steatosi epatica e sembra anche aumentare la formazione di radicali liberi inducendo uno stress ossidativo nelle cellule.
- Il sucralosio, inoltre, come del resto gli altri dolcificanti artificiali, sembra contribuire all’insorgenza di diabete di tipo 2 e sindrome metabolica, oltre che aumentare il rischio cardiovascolare e la mortalità totale.
- Sono state documentate importanti modifiche nel microbiota intestinale a seguito dell’assunzione di dolcificanti artificiali, con riduzione dell’espressione dei lattobacilli e aumento delle specie che incrementano la disbiosi intestinale (come Clostridium ed Enterobacteroides).
- L’utilizzo di dolcificanti in sostituzione allo zucchero sembra non ridurre il rischio di carie e quindi peggiorare ugualmente la salute del cavo orale in caso di utilizzo quotidiano.
- L’aspartame sembra compromettere l’effetto antiaterogeno delle lipoproteine ad alta densità (HDL) e quindi contribuire a un rischio cardiovascolare.
Sebbene quindi negli ultimi anni l’utilizzo di dolcificanti artificiali e naturali sia stato fortemente incoraggiato come strategia di riduzione dell’introito calorico, questa visione è stata ormai messa in discussione da numerose evidenze scientifiche che dimostrano come questi composti siano in grado di influenzare alcune funzioni fondamentali, quali il senso di fame-sazietà, l’assorbimento intestinale di glucosio e l’aumentato rischio metabolico (diabete, obesità e patologie cardiovascolari).
Trovare nel “senza zucchero ma con i dolcificanti” la strategia per dimagrire o per mangiare meglio abbiamo visto che non è la soluzione migliore.
Nel centro SMA in cui lavoro, insegniamo ai nostri pazienti che è necessario migliorare la propria composizione corporea, lo stato infiammatorio e la propria salute attraverso la comprensione dei livelli infiammatori e glicanti che sono propri di ogni organismo.
Abituarsi a ridurre gradualmente le dosi di zucchero è fondamentale. Sarà sorprendente osservare come il palato si abitui a gusti meno dolci in breve tempo, è solo questione di consuetudine.
Il dolce, se consumato occasionalmente, non costituisce un problema, sia che sia composto da zucchero che da dolcificante. Tuttavia, pensare che il dolcificante faccia meno male dello zucchero e utilizzarlo sovente ogni qualvolta si beve il caffè o si preparano biscotti o torte, non apporta alcun beneficio.
Personalizzare le proprie scelte alimentari e migliorare il rapporto con gli zuccheri è possibile. L’esecuzione di un Glyco test potrebbe essere già una delle strategie possibili per indagare in maniera diretta il danno da zucchero e mettere in atto delle indicazioni nutrizionali specifiche e personalizzate.
È importante quindi godersi in compagnia un buon dolce (anche di quelli classici, con la ricetta della nonna..) senza troppe limitazioni, facendo attenzione invece alla quotidianità d’uso che è il vero problema di predisposizione alla malattia.