I dolcificanti artificiali cambiano in peggio l’assorbimento del glucosio. Il rischio diabete aumenta con il loro uso
Anche al meeting annuale della European Association for the Study of Diabetes (EASD), tenutosi a Lisbona nel mese di settembre 2017, è arrivato alla ribalta un tema scottante, che a noi di Eurosalus è molto caro.
La dolcificazione rappresenta per l’organismo un potente segnale di stimolo all’assunzione alimentare e all’accumulo dell’energia, perché invita l’organismo a incrementare la assunzione di carboidrati semplici e a veloce assorbimento per poi stivarli nel tessuto adiposo.
Negli ultimi tre anni si era già avuta la conferma scientifica di alcuni aspetti biochimici, che hanno evidenziato come la responsabilità di questo particolare atteggiamento metabolico dipendesse dal gusto dolce, anche in assenza di apporto calorico.
A questo ultimo convegno diabetologico, il gruppo australiano di Young ha portato invece i risultati di una loro ricerca che ha evidenziato la contemporanea responsabilità dell’intestino nel generare una risposta alterata alla dolcificazione (Young RL et al, European Association for the Study of Diabetes (EASD) 2017 Annual Meeting. September 14, 2017, Lisbon, Portugal. Abstract 193).
Studiando due gruppi di soggetti che rispondevano alla infusione intraduodenale di glucosio in modo del tutto sovrapponibile, con uguali livelli di glicemia, di GLP-1 e di altri ormoni intestinali, valori di assorbimento del glucosio e di produzione di insulina, ai partecipanti sono state somministrate quotidianamente delle capsule di dolcificanti non calorici oppure un placebo inerte.
Ovviamente nessun partecipante dei due gruppi aveva la minima possibilità di percepire la dolcificazione (indotta dai dolcificanti non calorici) rispetto alla neutralità del gusto delle altre capsule.
In questo modo si sono valutate le risposte seguendo l’azione del dolcificante o del placebo solo dopo il contatto inconsapevole con l’intestino, impedendo qualsiasi interferenza psicologica indotta dalla percezione del gusto.
I risultati sono stati impressionanti perché se all’inizio dell’esperimento i due gruppi erano perfettamente comparabili, alla fine delle due settimane si è evidenziato che il gruppo che aveva usato il dolcificante a zero calorie aveva un assorbimento del glucosio significativamente maggiore (il 20% in più) rispetto a chi prendeva capsule placebo e il livello di glicemia era superiore del 24%. Nei “dolcificati” si è vista anche una riduzione del 34% di un ormone intestinale (il GLP-1) che dovrebbe ridurre la crescita di glicemia dopo l’assunzione di cibo. Ovviamente meno ormone di controllo e glicemia più alta.
La conclusione dei ricercatori australiani è che il consumo abituale di dolcificanti artificiali riduce il controllo dei livelli di zucchero, stimolando una elevata presenza di livelli post-prandiali di glucosio e predisponendo gli utilizzatori allo sviluppo di diabete di tipo 2.
Addirittura, l’associazione tra i dolcificanti non calorici e il diabete di tipo 2 è simile a quella vista per le bibite zuccherate, anche dopo tutti gli aggiustamenti statistici che si possano pensare. Tutti i prediabetici o i diabetici che credono di farsi del bene bevendo bibite dolcificate a zero calorie, con tutta probabilità sbagliano.
Come spesso diciamo, non è il dolce che fa male. Anzi, un dolce “sano” preparato con prodotti di qualità e ben bilanciato tra proteine e carboidrati, mangiato nel momento giusto, può e deve occasionalmente fare parte della alimentazione di chiunque.
Il dramma della dolcificazione è legato al fatto che illuda con il fatto di essere priva di calorie, mentre l’assunzione di dolcificanti porta l’organismo a rifarsi nel pasto successivo, incrementando l’assorbimento del glucosio.
Questo processo non merita solo studi sempre più approfonditi, ma anche considerazioni sociali che impediscano, soprattutto ai bambini, di assumere in modo spesso inconsapevole bibite, tè dolcificati a zero calorie, chewing-gum e altri dolci, sentendosi protetti dalla assenza di calorie mentre questi “finti” alimenti possono diventare fortemente dannosi per la salute attuale e futura, stimolando in modo selettivo diabete e obesità.